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venerdì 18 settembre 2015

IL MIO GIALLO... OLIVE E VELENO

OLIVE E VELENO

RACCONTO GIALLO

di


GIUDITTA DI CRISTINZI


Che non sarebbe stata una buona giornata Costa l’aveva capito subito, sin da quando aveva aperto gli scuri della finestra su piazza sant’Erasmo e si era ritrovato avvolto dalla bruma novembrina. Aveva avuto appena il tempo di mettere sul fuoco la macchinetta del caffè e di radersi il viso, quando Ferrara aveva cominciato a bussare all’uscio di casa. Era una cosa che accadeva raramente.
Da quando l’ispettore era stato trasferito a Formia, a dirigere la locale caserma di polizia, erano successe ben poche cose.
- Ferrara, prego, che r’è? Dalla caserma hai sentito l’addore ro cafè?
- Ispettore, buongiorno. Scusate. No, non vi avrei mai disturbato. Ma giù, in caserma, c’è Rosa Lillo. Avete presente? La lavandaia…
            - Embè, che vuole? Quando ho panni da lavare, la mando a chiamare.
- Ma no, ispettò, non è per questo. C’è stata una rissa, in campagna, in località Mergataro. Sapete, quegli ettari belli pianeggianti. In campagna stanno raccogliendo le olive. Ci sono varie squadre di operai, di mezzadri e coloni e anche di giornalieri. Sapete qui come si fa, no? Ognuno raccoglie le sue olive e verso sera si rientra. Le donne le scelgono e puliscono e  poi si portano al frantoio. I signori, invece,  i Formisano,  i Rossi, i  Giornalista,  i Nardoni,  ne hanno grandi quantità.
- Di che,  Ferrara?
- Di ulive, ispettore,  di uliveti. Allora le danno a cogliere a gruppi di operari, di fuori o anche di qua,  povera gente che di olive sue non ne ha. E poi fanno alla parte, come si dice.
- Alla parte? E che significa?
- A metà, ispettore. O a un terzo e due terzi per uno, a seconda degli accordi, delle annate. Tanto al proprietario del terreno e delle olive e tanto a chi le raccoglie.
- E va bene. Allora questa gente chiama la polizia per dividersi le olive? Che vuole questa Rosa  da me?
- Ispettore, il marito è stato colpito con una roncola arrugginita, sa di quelle che si usano per falciare, per potare, per abbattere qualche ramo. È rimasto a terra, ha perso molto sangue.
- E  ora dov’è?
- Dal medico, ispettore, gli hanno stretto un fazzoletto attorno alla gamba, più su della ferita e lo hanno portato subito da Sensini, su una carretta. Ma per andare da Mergataro allo studio del dottore si passa davanti al lavatoio. Le donne hanno visto il movimento e si sono avvicinate. Tra loro c’era anche Rosa, la moglie di Vincenzo Forte, il ferito. E ora è giù.
- Va bene Ferrara, ho capito. Jamm, jà.
Arrivati giù, trovarono la donna, visibilmente agitata, intenta a spiegare a un crocchio di persone l’accaduto.
- Tra Cesare e Vincenzo non è mai corso buon sangue, sentì dire Costa.
- Una volta, dopo una sonora sbornia presa da Carminuccio, sentii Vincenzo che diceva, io questo l’ammazzo
- Signora buongiorno. Prego, entrate dentro con me e spiegatemi tutto da capo. Ferrara, tu invece vai sul  posto e cerca di capire cos’è successo. Fatti spiegare subito l’accaduto dai testimoni, da chi era lì. Prendi appunti. E manda Parisi a controllare lo stato di questo Vincenzo, all’ambulatorio del dottore.
- Ispettore, Raffaele è già andato. Appena avuta la denuncia, lui è uscito per gli accertamenti ed io sono venuto su ad avvertirvi.
 - Va bene, raggiungilo.
- Signora, allora… No, tutti gli altri devono restare fuori. Solo la signora Rosa entra con me.
Le comari del paese e gli uomini che dal caffè  in piazza si erano riuniti fuori dalla caserma per curiosare rimasero delusi. Il gruppetto si sciolse. Le donne, dopo aver chiacchierato ancora un po’, rientrarono in casa, ad attendere alle loro faccende e gli uomini tornarono al bar o seguirono Giovanni Ferrara.
- Allora, signora, spiegatemi. Con calma.
- Ma ispettore c’è poco da spiegare. Mio marito è una brava persona. È tranquillo. Lavora, va a giornate dai Pignatelli, a volte dai Giorgio. Porta a casa quanto basta. Quando smette di lavorare, specie adesso d’inverno, che fa buio presto, si ferma alla cantina di Eustachio,  sapete quella nel vicolo, dietro la chiesa di San Giovanni. Lì giocano a carte o  a morra e bevono un po’ di vino.
- E beve tanto vostro marito?
- Sì, certe volte sì, beve anche tanto. Quando succede così, tarda, allora me lo vado ad riprendere o gli amici lo riaccompagnano a casa.
- Beh, dunque tanto tranquillo vostro marito non è… E succede spesso che si ubriaca? Ogni sera? E quando s’ubriaca piange, si abbatte, si addormenta  o resta allegro e canta? Diventa violento, fa a botte? Dite la verità. Torna a casa, vi picchia, se la prende con voi per qualcosa…
- Comandante, voi lo sapete, per queste cose una regola non c’è. Ma posso assicurare che una brava persona e che non farebbe male a una mosca. E lui che è stato ferito, no?
- E  questo Cesare, questo che lo ha  colpito? Lo conoscete?
- Certo che lo conosco. A Formia ci conosciamo tutti. Mi hanno detto che stamattina al Mergataro c’erano due squadre di operai a raccogliere le olive, una per i Marotta e una per i Pignatelli, su due terreni a confine. Arrivati ad un certo punto è scoppiata una lite tra gli uomini, su chi dovesse raccogliere le olive del filare di mezzo,  a confine, vicino al pozzo.
- E non c’è un termine, che so, un segno? Mica è il primo anno che si raccoglie?
- Certo che no, ma quei terreni, voi non lo sapete, prima appartenevano tutti ad un certo Enrico, Enrico Di Fazio. Voi non l’avete conosciuto. È morto cinque, sei anni fa. Questo era ricco e non si era mai sposato, non aveva figli. Qualche tempo prima di morire, Lisa Biondi se lo ritirò in casa. Sapete, qualcuno diceva che ne era sempre stata l’amante. Comunque, se lo prese dentro casa, il marito zitto, per interesse. Ma loro dissero per affetto, per carità, per assisterlo. In effetti lo spogliarono di tutto. Dopo un paio di anni, il povero don Enrico, che era un signore, andava anche lui in campagna, coi calzoni stracciati e lavorava la terra.

            - E  allora?
...

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