Negli ultimi tempi ho scritto tanto, ho pubblicato, ho curato con costanza il mio blog e ho condiviso molto sui social avendone un ritorno di simpatia e plauso ma anche di qualche fastidio e molti giudizi. Questa cosa me la sono sentita forte addosso e all'improvviso ho iniziato a non pubblicare più, stanca di essere attenzionata nel bene e nel male.
Certo, continuo a scrivere, sto lavorando molto faticosamente, da settembre, al mio romanzo, che nel frattempo ha cambiaro nome. Non si chiama più E in mezzo l'equatore ma Volevo solo ballare. Però le pagine, anzi le righe, escono fuori lente e faticose.
Questo è l'anno in cui anche Claudio Maria è andato via, a segnare una stagione della vita finita per sempre, i figli a casa, al liceo, i figli bisognosi di me, è l'anno in cui io e Claudio siamo rimastio soli, ad osservare il nostro rapporto, nudo, così com'è, a misurarci dopo 28 anni insieme, è il momento in cui soffro stanchezza al lavoro, difficoltà di rapporti e insoddisfazione del ruolo, sempre un po' misconosciuto e lontano da un effettivo riconoscimento.
Sono i giorni delle numerose sentenze GdP, quelli in cui ho tentato di evadere con dei viaggetti, peraltro ora abbandonati, ma sono soprattutti i giorni del declino inerosabile di mamma, un declino cattivo e lento cui lei reagisce deprimendosi nel cupio dissolvi e nel desiderio di stare di più con me, di possedermi, come sempre, e io (reagisco) con gli incubi e i pensieri continui della sua fine. Forse tento di esorcizzarli occupandomi della cappella e del vestito per quando sarà ma il risultato è sempre uno stato di dolorosa sospensione, in attesa.
Voglio viaggiare, fuggire, evadere, ma non è dato.
Voglio scrivere, ma mi riesce difficile, voglio andare avanti e non pensare al passato, alle persone che mi hanno molto deluso, persone vicine, ora completamente assenti, che non fanno una visita o una telefonata a me o a mamma, dopo aver tanto avuto. Persone di principio, gli adamantini li chiamo, severi nel giudizio, anelastici, paralizzati dal rancore, un rancore che supera la gratitudine. Un rancore così profondo da essere ingiustificato.
Acci, com'è tosta la vita. Quando pensi di aver imparato come prenderla, dà un affondo che richiede altre risorse, altre energie, nuovi equilibri.
Il tempo corre e la pelle avvizzisce, il tempo corre e noi siamo in scadenza, il tempo corre e io lo perdo.
In questi giorni sto cercando di leggere l'Ulisse di Joyce ma è davvero complesso. Tosto, incomprensibile ma voglio farcela.
Aspetto, aspetto che mi torni la vena giusta. che forse è già in viaggio.
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