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mercoledì 14 marzo 2018

...ancora gli animali nei proverbi

Gallina vecchia fa buon brodo.

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio (le cattive abitudini tardano a morire).

Tale è il gregge qual chi lo regge.

Ch  tanta uall, ‘n z fa mai juorn (in dialetto venafrano vuol dire con tanti galli –a cantare- non fa mai giorno. Morale: quando sono troppi a comandare è difficile arrivare ad una  conclusione).

Chi va a caccia senza cane, torna a casa senza lepre.

Il gregge unito costringe il lupo al digiuno (l’unione fa la forza).

Chi è stato morso dalla vipera teme anche la lucertola.

Campa cavallo che l’erba cresce.

Chi acchiappa’ l pesc z’  mponne la cora (in dialetto venafrano vuol dire chi prende i pesci si bagna la coda, cioè stando a contatto con l’acqua si rischia di bagnarsi. E’ l’equivalente di chi va al mulino si infarina. Ovvero alcune cose sono diretta conseguenza di altre).

La gatta frettolosa fece i figli ciechi.

Chi ama il proprio cane deve amarne anche le pulci.

Z r’spetta i cuan p’ i puadron (in dialetto venafrano significa si rispetta il cane per il padrone. Cioè spesso bisogna sopportare una persona, nostro malgrado, per rispetto nei confronti di un'altra. Questo proverbio, come molti altri, ha il  suo corrispettivo in altri dialetti del sud  Italia, ad esempio Si rispetta u cani pa facci du patruni si dice in Calabria e Rispettà 'o cane p' 'o patrone in Campania).

Nell’olio, nel vino o nel mare il pesce vuol sempre nuotare.


L’uccello in gabbia, se non canta per amore, canta per rabbia.

I ciucc che nn cresc è semp p’l’triegl (in dialetto venafrano significa che l’asino che non cresce sembra sempre un puledrino. Le persone piccole di statura sembrano sempre giovani).


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