... Ho cercato via del Castiglione, sono arrivata fino al numero 7 ma anche palazzo Pepoli i era chiuso quindi ho bighellonato per le strade senza meta, piacevolmente, tutte quante punteggiate di locali, di tavolini all'aperto e gente a spasso finché sono arrivata in piazza Maggiore. Ho trovato un trenino turistico, ho fatto il biglietto e mi ci sono fiondata dentro senza sapere la meta. Il treno ha percorso tutta via Saragozza fin al santuario di San Luca appollaiato sui famosi colli bolognesi. Ho goduto della guida via cuffiette e di una veduta meravigliosa; non sono scesa a visitare l'interno del santuario, sono ripartita per ritrovarmi con Claudietto mio che mi aspettava, finite le lezioni. Bellissimo il panorama e il portico di San Luca
che ho costeggiato a lungo per oltre tre chilometri. Pare sia il più lungo del mondo. I portici sono una particolarità di questa Bologna così magica che pur senza essere una città tra quelle che preferisco in assoluto, trovo tra le più belle al mondo (sarà perchè c'è Claudio mio?!). Ogni volta che vengo, di recente spesso, mi cinge con un abbraccio caldo di mattoncini o intonaci vecchi colorati di rosso e ambra, di pavimentazioni di marmo, di calore umano.
Alla fine della corsa, Claudio era già in piazza Maggiore ad aspettarmi; siamo andati in un negozio per fare un po' di shopping per lui; timidamente ha chiesto qualcosa e ha voluto il minimo. Siamo tornati contenti a casa, in via del Pratello 21 dove c'è una sede della questura, fatto che mi fa stare più tranquilla. Siamo saliti su a piedi fino al terzo piano, io stanca, lui più tonico, ci siamo riposati un attimo; poi ho tentato di sistemare al vetro delle finestra della cameretta delle tende leggere; ho dato una pulita al soggiorno e ho pensato che avesse trovato una sistemazione davvero modesta ma che lui sta bene, per divenire a se stesso, per diventare grande. Poi ci siamo preparati per la cena, abbiamo cominciato a fare telefonate, molti ristoranti erano chiusi, molti già al completo (a Bologna non c'è crisi), finché ne abbiamo trovato uno in centro; siamo arrivati fin lì a piedi, di nuovo, ci siamo immersi nel centro della città che pullula in ogni ora di stranieri, di studenti, di ricchi bolognesi, di uomini d'affari.
Lui ha preso una lasagne alla mortadella
e al pistacchio, ricchissima, abbondantissima, degna della città grassa per antonomasia; poi ha voluto un filetto al fondo bruno. Io invece ho preso una cotoletta alla bolognese, mai assaggiata, avevo voglia di provarla, e abbiamo bevuto fino alla fine la bottiglia di Sangiovese. Riconciliati con tutto siamo rientrati a casa, a piedi; ho contato i passi dalla sua vecchia casa a quella nuova, cento, solo cento. Durante il tragitto abbiamo incontrato una coppia di buoni conoscenti venafrani, Angelina Boggia, figlioccia di mamma, e il marito, Nicandro Capocci. E' stato bello salutarli, sentirsi parte di un tutto senza confini.
Poi di nuovo a casa, io a letto con le mie preoccupazioni e lui di là con gli amici a vedere una partita.
Sono grata...