GIULIO ED IO
Racconto
Giuditta Di Cristinzi
Dedicato a tutte le mamme del mondo,
particolarmente alle mamme di
figli speciali
CAPITOLO I
Mi svegliai nel cuore della notte.
C’era tanto vento. Sibilava forte tra i rami. Mi innervosiva. Mi alzai e scesi
giù. Il vento scuoteva tutto, anche i miei pensieri. Tutto il mio essere.
Minacciava pioggia. Uscii fuori nel buio e raccolsi i panni stesi ad asciugare
dal giorno prima. Andai in bagno. Avevo uno stimolo continuo. Cercai di fare un
po’ di training, di respirazione, ma invano. Ero completamente preda
dell’ansia. Risalii su, andai di nuovo in bagno. Un dolore dietro l’altro.
Svegliai Franco.
“Sto male, è ora di andare.”
Ci vestimmo in fretta; Franco prese
la valigia, ormai pronta da qualche settimana, e andò a prendere mia madre.
Fece in un attimo, mentre io mi torcevo dal dolore, sempre più incalzante, sul
divano. L’utero si contraeva. Sentivo che voleva liberarsi in fretta. Era il
mio secondo figlio e sapevo che avrei avuto un travaglio meno lungo e doloroso
che per Aurora. Franco rientrò in casa con mamma, che lasciammo in casa a
vegliare sulla piccola.
“In bocca al lupo, cara, andrà tutto
bene, vedrai. Ormai sei una supermamma.”
“Crepi, mamma, grazie. Ci vediamo
domattina. Appena possibile, in orario di visite, mando Franco a prendere te ed
Aurora. Ciao.”
Arrivammo in ospedale. Ero pronta.
Mi sistemarono velocemente e mi portarono direttamente in sala parto.
“E uno, e due, e tre, alla
prossima!”
Alla seconda spinta venne alla luce
il mio Giulio. Fece appena un piccolo nghè.
Era piccolo, nero, bagnato, sporco. Tenero tenero. Ero stanca e felice. Avevo
coronato i miei sogni di ragazza. Una bella casetta a due piani con un po' di
giardino, un marito tranquillo, due figli, una femminuccia e un maschietto, un
lavoro.
Pensieri, ricordi, sensazioni mi attraversavano la mente. Mentre lavavano
e preparavano Giulio, il dottore sistemò me con due punti di sutura
sull'episiotomia. Mi riportarono in camera. Ero stanca morta e chiesi di poter
dormire un poco. Il riposo durò poco e fu solo un leggero dormiveglia. Nella
stanza in penombra non ero sola.
Voci, figure, campanelli, sogni, immagini. Alle dodici circa, aprirono le
porte del reparto e iniziò la processione delle visite. Mamma con Aurora,
Franco con mia suocera, mio fratello, mia sorella, Carla, Anna Rita,... Avevo
tanta fame, ma non volevo dar fastidio. Avrei aspettato il rancio dell'ospedale
e avrei mangiato quello. Sicuramente, pensavo,
mi toccherà una dispersione di pastina in brodo della più tipica,
ospedaliera e scotta, e una fetta di carne arrosto con insalata. Evviva! Un bel
caffè, ecco cosa volevo davvero. Un caffè bollente per tirarmi su. L’avrei
chiesto a Franco se non fosse scivolato via dalla stanza, alla prima occasione,
prima degli altri, col pretesto di riaccompagnare la madre a casa. Ma sì, in
fondo sapevo che più che il mio compagno era come un altro figlio, il più
grande, il più bisognoso di cure, il più insofferente. Lui, il lavoro, il bar e
il calcetto. E, naturalmente, la mamma. Il suo mondo era circoscritto in questi
angusti confini. Tutto sommato l'avevo sempre saputo. Come sapevo che c'era di
peggio nel panorama maschile, dunque dovevo accontentarmi.
Quando tutti furono andati via, la nurse mi portò Giulio, con la sua
bella tutina nuova, avvolto in un soffice telo, le manine scure, raggrinzite,
chiuse a pugno. Lo presi in braccio e fu subito amore e lacrime di commozione.
Tirai fuori un seno e glielo offrii e lui, piccino piccino, non tardò a capire.
L'odore, forse, lo inebriò prima di ogni cosa, occhi socchiusi, boccuccia
secca, trovò il capezzolo e si attaccò succhiando d’istinto. I nostri ormoni
facevano il loro lavoro. L'ossitocina mi stava facendo sciogliere in un rivolo
di latte, di rilassatezza, di amore che, nato in quel momento, sarebbe solo
cresciuto e non avrebbe visto mai più fine.
CAPITOLO II
Aurora prendeva Giulio per mano e
tentava di portarlo fuori in giardino. Voleva giocare col suo fratellino, ma
lui scappava via; non ne voleva sapere. Lei, sempre ciarliera e allegra, faceva
l'ultimo anno di asilo. A settembre anche Giulio avrebbe cominciato con la
scuola dell'infanzia. Io mi barcamenavo tra loro due, la casa e il lavoro
part-time.
...
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