FEDER.M.O.T.
Federazione
Magistrati Onorari di Tribunale
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Il Consiglio d’Europa bacchetta l’Italia: ingiustificata la
discriminazione dei magistrati onorari.
C’è anche un italiano nel
collegio di 14 membri che ha squarciato il velo di omertà per anni calato sul
lavoro in nero dei magistrati onorari. Si chiama Giuseppe Palmisano ed è il
Presidente del Comitato europeo dei diritti sociali (CEDS), l’organismo del
Consiglio d’Europa che ieri, 16 novembre 2016, ha pubblicato il provvedimento
con cui è stato deciso il reclamo n. 102/2013 presentato dai magistrati onorari
italiani.
Il Collegio ha concluso,
all’unanimità, che la normativa e i comportamenti concreti posti in essere
dalla Repubblica italiana nei confronti dei magistrati onorari non sono conformi
con le norme della Carta sociale europea e dei suoi Protocolli, ossia con gli
accordi internazionali sottoscritti dall’Italia che recepiscono, tra l’altro,
il principio di non discriminazione tra lavoratori.
La pronuncia si fonda su un
principio cardine (elaborato sin dal 2005 in un caso riguardante la Bulgaria),
secondo il quale manca di giustificazioni obiettive e ragionevoli una
discriminazione che non persegua scopi legittimi o escluda un ragionevole
rapporto di proporzionalità tra mezzi impiegati e scopo perseguito.
Il Comitato ricorda poi come, nel
tempo, l’inquadramento giuridico dei magistrati onorari sia andato
riavvicinandosi a quello dei magistrati di ruolo, tanto da indurre la stessa
Corte di Cassazione italiana a ritenere tali professionisti collocabili in una posizione intermedia tra
giudici professionali e laici.
Il comitato ha quindi stabilito
che, rispetto alla applicazione dei trattati (in particolare della Carta sociale europea riveduta), i
giudici onorari sono funzionalmente equivalenti ai magistrati di ruolo, a
prescindere da come li definisca il diritto nazionale.
Il Comitato ha poi ritenuto
applicabile la Raccomandazione CM/Rec (2010) 12 nella parte in cui ingiunge
agli Stati aderenti di assicurare ai giudici una remunerazione ragionevole in
caso di malattia, di maternità o paternità, così come il pagamento di una
pensione correlata al livello di remunerazione.
Infine il Comitato ha precisato
che il fatto che l’ordinamento italiano non impedisca ai magistrati onorari di
svolgere altre attività lavorative non esclude che essi siano discriminati,
essendo irrilevante che l’esercizio esclusivo dell’attività giudiziaria dipenda
da una scelta personale o sia determinata da altre circostanze.
Nel motivare la decisione il
Comitato ha respinto lo storico argomento sempre sostenuto dal Governo italiano
(recentemente ribadito dal Ministero della Giustizia in risposta alle diffide
presentate la scorsa estate dai magistrati aderenti alla Feder.M.O.T.), ossia
che la disparità di trattamento è giustificata dalle diversità intercorrenti
tra magistrati onorari e di ruolo, riguardanti la procedura di selezione, il
tempo di permanenza nella carica, il tipo di remunerazione, la connotazione
part-time del rapporto e la sua riconducibilità alla mera fornitura di servizi.
Il Comitato ha infatti precisato che “questi
argomenti riguardano mere modalità di organizzazione del lavoro e non
costituiscono una giustificazione oggettiva e ragionevole del trattamento
differenziato di persone la cui equivalenza funzionale è stata riconosciuta”.
La Feder.M.O.T., che il 15
novembre scorso aveva denunciato avanti al Consiglio superiore della
magistratura l’irragionevolezza e l’illegittimità costituzionale e comunitaria
dell’attuale impianto normativo, esprime la propria soddisfazione per una
pronuncia storica, che si pone in linea con quanto enunciato dalla Corte di
Giustizia dell’Unione europea con riferimento ai magistrati onorari britannici
(causa O’Brien del 2012), e alla quale auspica possa fare
seguito un immediato ravvedimento del Governo, prima che l’Italia, un tempo
culla del diritto, riceva nuove condanne per il suo comportamento
discriminatorio verso i propri magistrati onorari.
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