CANI, GATTI
E COMPAGNIA
Gli animali
nei proverbi e nei modi di dire
Da Esopo a Fedro a La Fontaine e, in seguito,
fino a noi, quante volte e con che vis espressiva
comportamenti umani sono stati dipinti, descritti, capiti, ironizzati facendo raffronto
con comportamenti e caratteristiche
animali?
Spesso. Perché l’uomo, che si arroga la superiorità
assoluta in questo universo, sovente è… incredibilmente
e involontariamente bestiale!
A lavar la testa all’asino, si spende tempo, acqua e sapone.
A
caval donato non si guarda in bocca.
Il
verme tenero rode il legno duro (la costanza è premiata nel raggiungere anche gli obiettivi
più ardui).
Tanto
va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino.
I cuan moc’ca i sctracciat (in dialetto venafrano il cane
morde lo straccione, cioè –in sostanza- guai su guai. Le persone o il
destino si accaniscono contro i più deboli, contro coloro che appare più facile
vincere).
Cuan e cuan n z moc’cn (in dialetto venafrano i cani non
si mordono tra loro, ovvero i simili si usano riguardo, rispetto reciproco).
Can
che abbaia non morde.
Z’han ‘ncuntrat ciegl e botta (in dialetto venafrano significa letteralmente si sono incontrati uccello e botto, colpo, s’intende a caccia; il
proverbio indica una casualità fortunata, un evento che si è verificato senza
merito di chi ne beneficia).
Chi
pecora si fa, il lupo se la mangia.
Il
gatto di credenza, quello che fa pensa (a volte si attribuisce agli altri il proprio modo di pensare
e di fare, talvolta ingiustamente).
M si miss a cuavagl a n puorc (in dial. venafrano, significa mi hai messo a cavalcioni ad un
maiale, cioè mi hai disonorato).