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venerdì 23 febbraio 2018

GRANI DI SALE







CANI, GATTI E COMPAGNIA


Gli animali nei proverbi e nei modi di dire



  



Da Esopo a Fedro a La Fontaine e, in seguito, fino a noi, quante volte e con che vis espressiva comportamenti umani sono stati dipinti, descritti, capiti, ironizzati facendo raffronto con comportamenti e caratteristiche  animali?
Spesso. Perché l’uomo, che si arroga la superiorità assoluta in questo universo, sovente  è… incredibilmente e involontariamente bestiale!






A lavar la testa all’asino, si spende tempo, acqua e sapone.

A caval donato non si guarda in bocca.

Il verme tenero rode il legno duro (la costanza è premiata nel raggiungere anche gli obiettivi più ardui).

Tanto va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino.

I cuan moc’ca i sctracciat (in dialetto venafrano il cane morde lo straccione, cioè –in sostanza- guai su guai. Le persone o il destino si accaniscono contro i più deboli, contro coloro che appare più facile vincere).

Cuan e cuan n z moc’cn (in dialetto venafrano i cani non si mordono tra loro, ovvero i simili si usano riguardo, rispetto reciproco).

Can che abbaia non morde.

Z’han ‘ncuntrat ciegl e botta (in dialetto venafrano significa letteralmente si sono incontrati uccello e botto, colpo, s’intende a caccia; il proverbio indica una casualità fortunata, un evento che si è verificato senza merito di chi ne beneficia).

Chi pecora si fa, il lupo se la mangia.

Il gatto di credenza, quello che fa pensa (a volte si attribuisce agli altri il proprio modo di pensare e di fare, talvolta ingiustamente).

M si miss a cuavagl a n puorc (in dial. venafrano, significa mi hai messo a cavalcioni ad un maiale, cioè mi hai disonorato).
  



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