I VIAGGI DELL’ANIMA
CARNEVALE A VENEZIA
Giuditta Di Cristinzi
L'ultima
occasione di viaggio è stato il Carnevale e una
fuga alla Thelma e Louise con la mia
amica del cuore, Raffaella.
Siamo
partite in comitiva all'alba di sabato 2 marzo, abbiamo attraversato parte
dell'Abruzzo e il piano delle Cinque Miglia ancora innevato
nella zona di Roccaraso e Rivisondoli per giungere sull' Adriatico, aperto, azzurro, meraviglioso.
Lo abbiamo
pressoché costeggiato in autostrada fino alla prima meta del viaggio, Ferrara,
una città incantevole e a misura
d’uomo (Ferrara è un comune italiano di circa 130.000
abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Emilia-Romagna. E’ stata
capitale del Ducato di Ferrara
nel periodo degli Estensi, quando ha
rappresentato un importante centro
politico, artistico e culturale. Lo sviluppo urbanistico avvenuto durante il
Rinascimento, l’”Addizione Erculea”,
l’ha resa la prima capitale moderna d'Europa. Nel 1995 ha ottenuto dall'UNESCO
il riconoscimento di patrimonio
dell'umanità come città del Rinascimento e nel 1999 ne ha ottenuto un
secondo per il delta del Po e per le delizie
estensi. Ferrara è sede universitaria (Università
degli Studi di Ferrara) e arcivescovile (arcidiocesi di Ferrara-Comacchio) (Fonte Wikipedia).
Siamo
entrate nel cuore del borgo e abbiamo attraversato il corso che ospitava un interessante e ricco mercatino
dell'usato: banchi colorati e variegati,
venditori garbati ti e invitanti, porcellane, tappeti, quadri,
monili, mobili restaurati, oggetti vintage. Avrei comprato di tutto se
avessi avuto un “portafogli ad organetto”,
come dice mia madre e la possibilità di caricare le cose per riportarle a casa!
Siamo giunte
nella Piazza del Municipio dove
cominciavano a riunirsi le prime maschere del Carnevale
rinascimentale
(Dopo
più di cinquecento anni è tornato infatti in vita il Carnevale Estense nella raffinata cornice della deliziosa città. La
rievocazione storica del Carnevale che gli Estensi usavano celebrare nel XV e XVI secolo è stata un’occasione
per immergersi in una atmosfera storica e un po’ magica, quella rinascimentale
di una Corte, in particolare del Duca Ercole I d’Este e di Lucrezia
Borgia. Feste in costume nei palazzi storici, cortei di figuranti delle
Contrade del Palio, giochi di fuoco e di abilità, danze rinascimentali,
concerti, banchetti, cene rinascimentali, divertenti rappresentazioni teatrali,
escursioni culturali, visite guidate e animazioni in costume hanno animato per
giorni la città, nel segno di Lucrezia
Borgia, madrina delle celebrazioni, che giunse a Ferrara il 2 febbraio 1502
nel pieno dei festeggiamenti. Per riportare in vita la ‘Città capitale del Rinascimento’ e dare nuova linfa a questo
evento strettamente legato al Ducato Estense, gli organizzatori hanno pensato
di associare il Carnevale in stile al
Trionfo del pasticcio di maccheroni, per promuovere questo
prodotto gastronomico tipico. L’evento tributa anche un omaggio alla storia della
duchessa Eleonora d’Aragona, emblema
di una Ferrara riconosciuta appunto come
simbolo del Rinascimento italiano. Va detto inoltre che il Carnevale di Ferrara è l’unico in Italia ad avere radici nel Rinascimento e
fa sì che il centro storico viva un viaggio nel tempo, nel mondo delle
feste da ballo e dei banchetti dei duchi, dei duelli e dei tornei dei
cavalieri, del teatro e degli sfarzi. Il borgo si immerge completamente nelle atmosfere fiabesche
del Carnevale e per tutto il periodo, a partire dal giovedì grasso, Ferrara è un tripudio di feste
rinascimentali in costume nei palazzi storici, visite animate alla scoperta
delle tante vite della città, piatti tipici dell’epoca, rappresentazioni di
teatro classico, dei quali abbiamo avuto una seppur piccola idea).
Dopo aver
assistito alle prime esibizioni e aver scattato le prime foto, siamo entrate
del Duomo per una rapida visita.
Iniziato a costruire nel XII secolo, è l'esempio di una sovrapposizione di
stili, rettangolare a tre navate, pavimentato con marmi policromi a intarsio, è
intitolato a San Giorgio (La
cattedrale è stata costruita a partire dal XII secolo, con il contributo di
Guglielmo II Adelardi e del principe Federico Giocoli, quando la città si stava
allargando sulla riva sinistra del Po e di conseguenza il centro della città si
spostava verso nord. La precedente cattedrale era la chiesa di San Giorgio,
ancora oggi chiesa parrocchiale. E’ stata consacrata nel 1135 e dedicata anch’essa
a san Giorgio, come si legge nell'iscrizione in volgare, nell'atrio della
chiesa. Lo stile romanico del
progetto iniziale è testimoniato dalla facciata. Nel XV secolo è stato eretto
il campanile su progetto di Leon Battista Alberti, tuttavia non è mai stato terminato e tutt'oggi è privo della prevista
copertura a cuspide. Nello stesso periodo, è stata realizzata l'abside su
progetto del ferrarese Biagio Rossetti. La
facciata della cattedrale di san Giorgio è molto bella ed è attualmente in
restauro dunque coperta da un telo; è in marmo bianco, a tre cuspidi, e
presenta logge, arcatelle, rosoni, finestroni strombati, statue e numerosissimi
bassorilievi. Nella parte centrale della facciata risalta il protiro, sorretto
da leoni e telamoni, sormontato da una loggia a baldacchino con la statua della
Madonna con il bambino (aggiunta tardogotica) e, in alto, è scolpito un
Giudizio Universale di influenza gotico-francese. Nel Giudizio Universale i
dannati vanno verso l'Inferno, i beati verso il Paradiso) (Fonte Wikipedia).
Proprio
di fronte alla cattedrale c’è il Palazzo
Municipale che è stato residenza
ducale degli Este fino al XVI secolo, quando la corte si trasferì al vicino
Castello Estense. Attualmente è sede del
comune di Ferrara.
Dopo
averlo ammirato dall’esterno abbiamo proseguito, soffermandoci davanti alle
vetrine più belle, fino a Palazzo Estense
,
cinto da un vallone pieno d'acqua ove
è possibile fare un giro in barca. Il Palazzo
è stata la residenza di Francesco III d'Este, Duca di Modena e
Reggio. La sobria facciata rivolta verso il centro della città contrasta
con il lato verso il giardino. Le forme sono quelle misurate tipiche del "barocchetto" lombardo, non
privo di influssi neoclassici, con
paraste e cornici marcapiano in bianco che risaltano sullo sfondo rosa
dell'intonaco. Sul frontone si erge una meridiana sormontata dall'aquila ducale,
che attraversa il canale. Lì abbiamo
fatto tante foto al Palazzo e alle mascherine che aspettavano sull’impiantito
antistante l’ingresso in occasione della
parata
. Quindi ci siamo spostate in un baretto vicino per fare un aperitivo
sedute comodamente un tavolino esterno e per godere dello spettacolo della
sfilata delle maschere, una sorta di Palio delle contrade e dei quartieri, con tanto di insegne e musici.
Siamo
ripartite alla volta di Chioggia, Venezia in
piccolo, già in piena lacuna
veneta, dove abbiamo abbondantemente
cenato e riposato per la notte in hotel.
Il giorno
successivo, domenica 3, dopo la colazione, siamo ripartite sino a l'imbarco in vaporetto per Venezia, ultima e più importante meta del
nostro itinerario (Venezia è un comune italiano di circa 260 657
abitanti, il cui centro storico (limitato ai sestieri della città lagunare) ne
conta invece circa 54.000, capoluogo
dell'omonima città metropolitana e della regione Veneto. È il primo comune
della regione per popolazione, undicesimo in Italia e primo in Veneto per
superficie. Comprende sia territori insulari sia di terraferma ed è articolato
attorno ai due principali centri di Venezia (al centro dell'omonima laguna) e
di Mestre (nella terraferma). La città è
stata per più di un millennio capitale della Repubblica Veneta ed è conosciuta
a questo riguardo come la Serenissima, la Dominante e la Regina dell'Adriatico.
Per le peculiarità urbanistiche e per il suo patrimonio artistico, Venezia è
universalmente considerata una tra le
più belle città del mondo ed è stata dichiarata, assieme alla sua laguna, patrimonio dell'umanità dall'UNESCO:
questo fattore ha contribuito a farne la terza città italiana (dopo Roma e
Milano) con il più alto flusso turistico). (Fonte Wikipedia).
Il
viaggio è stato rilassante, suggestivo e meraviglioso quasi quanto la meta; nell'acqua placida del canale si specchiavano
le casette rimesse a nuovo, tinteggiate
con colori tenui o accesi, i più diversi; la nebbia del mattino ha cominciato a diradarsi
per lasciare posto a un cielo limpido e
a una giornata tiepida e primaverile.
Arrivate all'attracco, abbiamo cercato i
punti di riferimento per la ripartenza del pomeriggio alle 16.00. Qualche ora
per camminare spensieratamente tra le calli e le tante bellezze veneziane sono bastate per
svagarci completamente, ritemprare il
corpo e lo spirito e per dimenticare i
prosaici impegni della vita quotidiana:
spesa, casa, cucina, lavoro (Raffa ed io siamo colleghe, entrambe
magistrati onorari a Cassino),
sentenze, figli, mamme anziane e doveri
vari.
Dopo
aver varcato qualche ponte e subìto parecchi controlli di polizia e carabinieri,
siamo giunte in Piazza San
Marco
che si è aperta alla nostra destra, nota nel suo incanto eppure sempre
nuova nella sua straordinarietà. Come si può descrivere a parole l’apoteosi
della bellezza, la prodigiosa sintesi di cielo, mare e arte creativa dell’uomo
che nel suo genio a volte sfida la natura!? Come posso riuscirci io, rapita,
presa, confusa da tale trionfo di bellezza!?
Lascio a
scrittori illustri il tentativo di descrivere a parole l’ineffabile.
“La laguna è opera antica
della natura. Dapprima la marea, il riflusso e la terra in azione reciproca,
quindi il progressivo abbassamento delle acque preistoriche, fecero sì che
all’estremità superiore dell’Adriatico si formasse una considerevole zona
paludosa, che, dopo esser stata sommersa dall’alta marea, viene parzialmente
lasciata libera dal riflusso. L’arte umana s’impadronì dei punti più eminenti,
e così nacque Venezia, collegando in sé cento isole, circondata da cento altre.”(Johann
Wolfgang Goethe). “Venezia:
beltà lusingatrice e ambigua – racconto di fate e insieme trappola per i
forestieri.” (Thomas Mann).
Ci siamo incantate
dinanzi alle maschere del Carnevale di tradizione
soprattutto settecentesca che
passeggiavano fiere e divertite nei loro indovinati costumi, liete di farsi guardare e fotografare, protagoniste per un giorno grazie
al travestimento. Il Carnevale a
Venezia è ancora molto sentito.
(Se non è il più grandioso, è sicuramente il più
conosciuto d’Italia per il fascino che esercita e il mistero che continua a
possedere anche adesso che sono trascorsi 900 anni dal primo documento che fa
riferimento a questa famosissima festa. Si narrano ricordi delle festività del
Carnevale fin dal 1094, sotto il dogato di Vitale
Falier, in un documento che parla dei divertimenti pubblici nei giorni che
precedevano la Quaresima. Il
documento ufficiale che dichiara il Carnevale una festa pubblica è del 1296 quando il Senato della Repubblica
dichiarò festivo l’ultimo giorno della Quaresima. Tuttavia il Carnevale ha
tradizioni molto più antiche che rimandano ai culti ancestrali di passaggio
dall’inverno alla primavera, culti presenti in quasi tutte le società,
basti pensare ai Saturnalia latini o
ai culti dionisiaci nei quali il
motto era “Semel in anno licet insanire”
ed è simile lo spirito che anima le oligarchie veneziane e le classi dirigenti
latine con la concessione e l’illusione ai ceti più umili di diventare, per un
breve periodo dell’anno, simili ai potenti, concedendo loro di poter burlare pubblicamente i ricchi
indossando una maschera sul volto.
Una utile valvola di sfogo per tenere sotto controllo le tensioni sociali sull’esempio del “Panem et Circenses” romano. Se un tempo il Carnevale era molto più
lungo e cominciava addirittura la prima domenica di ottobre per intensificarsi
il giorno dopo l’Epifania e culminare nei giorni che precedevano la Quaresima,
oggi il Carnevale ha la durata di circa dieci
giorni in coincidenza del periodo pre-pasquale
ma la febbre del Carnevale comincia molto tempo prima anzi, forse non è scorretto dire che, a Venezia, la febbre del
Carnevale non cessa mai durante l’anno. Una sottile euforia si insinua tra le
calli della città più bella del mondo e cresce impercettibilmente, sale con la
stessa naturalezza dell’acqua, sfuma i contorni della cose, suggerisce misteri
e atmosfere di tempi andati. Un tempo il Carnevale consentiva ai Veneziani di
lasciar da parte le occupazioni per dedicarsi totalmente ai divertimenti, si
costruivano palchi nei campi principali, lungo la Riva degli Schiavoni, in Piazzetta
e in Piazza San Marco. La gente
accorreva per ammirare le attrazioni più varie: giocolieri, saltimbanchi, animali danzanti, acrobati; trombe, pifferi e
tamburi venivano quasi consumati dall’uso, i venditori ambulanti vendevano
frutta secca, castagne e fritòle (le frittelle) e dolci di ogni tipo, ben
attenti a far notare la provenienza da Paesi lontani delle loro mercanzie. La
città di Venezia, grande città commerciale, ha sempre avuto un legame
privilegiato con i Paesi lontani, con
l’Oriente in particolare cui non
manca, in ogni edizione del Carnevale, un riferimento, un filo rosso che
continua a legare la festa più nota della Serenissima
al leggendario Viaggio del veneziano Marco
Polo verso la Cina alla corte di Qubilai Khan dove visse per circa
venticinque anni.) (Fonte www.carnevalevenezia.com).
Molti i giovani,
ma anche le persone di una certa età che sentono ancora forte la tradizione e
non rinunciano al gioco del travestimento, allo sfizio di nascondersi dietro una maschera per
divertirsi e dimenticare le
preoccupazioni quotidiane e forse anche
se stessi, ovvero la maschera che si indossa abitualmente, ogni giorno, per
vivere e confrontarsi con gli altri.
Queste
riflessioni hanno portato Raffaella e
me a ricordare la poetica di Pirandello,
di Uno,
nessuno e centomila, in cui il nobel
siciliano 1934 ipotizza che la maschera non sia altro che una
mistificazione, un simbolo alienante, indice della spersonalizzazione e della
frantumazione dell'io in identità molteplici, ed anche una forma di adattamento in relazione al
contesto e alla situazione sociale in cui si produce un determinato evento. Rimembranze
di vecchie studentesse del liceo classico di una volta.
Tornate
alla realtà abbiamo ammirato gli abiti elaborati, coordinati, variopinti,
tematici, sintesi ben riuscite di sete, broccati, velluti, canape, passamanerie, merletti, righe, fiori, nastri, fiocchi, parrucche, cappelli e finanche calze bianche e scarpe di
sapore settecentesco con tanto di fibbie metalliche. Avvolte dal turbinìo di
colori e graziate da un clima mite e piacevole, abbiamo preso un caffè al
famosissimo Florian, rimanendo colpite da un gruppo di sei,
sette mascherine, attempate, sedute ad un tavolo fare una colazione ricchissima come avrebbero potuto fare nel ‘700-‘800
dei nobili di corte: cioccolata calda in
tazza e pasticcini di ogni genere.
Abbiamo
assistito allo spettacolo del volo dell'Aquila o, meglio, dello “svolo” che è stato interpretato quest’anno
dalla campionessa di Short Track, Arianna
Fontana, vincitrice di ben 8 medaglie olimpiche.
Abbiamo
fotografato una delle maschere più premiate al Carnevale 2019, il Viaggiatore, un giovane damerino con abito di tessuto decorato con cartine geografiche di
Alviero Martini e i due
emisteri di fianco, sui lati, realizzati
in velluto azzurro oceano con decori che
riproducevano i cinque continenti.
Ci
siamo poi allontanate dalla piazza per entrare
in qualche negozio di lusso, templi del
bello contemporaneo e della moda, Hermes, Dior, Fendi. Le commesse, garbate, benché ovviamente avessero capito che
non eravamo giapponesine in vena di acquisti, ci hanno fatto provare borse, occhiali e foulards, facendoci sentire milionarie.
Ci
siamo poi addentrate per le calli più distanti perdendo la nozione del tempo;
abbiamo attraversato piazze e piazzette,
slarghi e stradine, canali e scalette, visto gondole, turisti e souvenirs
fino al Ponte di Rialto, meraviglioso
e bianco, abbiamo scattato tante foto e
fatto una pausa per uno spuntino e una
sosta per un caffè.
Ci
siamo attardate oltre il consentito e, arrivate
le 16.00, eravamo ben distanti dal luogo dell’appuntamento per la ripartenza,
lontane dal vaporetto e dall’imbarco e un po’ disorientate. Uscite da Piazza San Marco, sembrava dovessimo
percorrere solo pochi metri e invece…
Corri,
corri, corri alla ricerca dei punti di riferimento individuati
all'andata e dei sassolini lasciati da noi
stesse, turiste fai te, novelle Pollicino,
i conti non sono tornati. I ponti erano gremiti di turisti che hanno
rallentato e stancato. Giunte all'imbarco in ritardo, quando il vaporetto stava ormai per partire,
tirate praticamente a bordo del marinaio, siamo state accolte da un applauso da parte
degli altri passeggeri, alcuni indispettiti, altri divertiti dalla nostra
disavventura.
Ci
siamo scusate mostrandoci contrite, ma intimamente soddisfatte dal nostro
essere ritornate per un giorno spensierate come due ragazzine in gita
scolastica.
Il
viaggio di ritorno, lungo e quasi notturno, non ci ha stancato più di tanto per quanto siamo state ristorate
dalla breve fuga, complice,
chiacchierina, estemporanea, ritemprante.
Dopo
solo poche ore di sonno, al mattino dopo, udienza, sentenze e doveri
familiari sono risultati meno duri.
P.S. RINGRAZIO CLARA STAFFIERI PER L'ORGANIZZAZIONE
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