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domenica 3 marzo 2019

CARNEVALE A VENEZIA

A.S. ANCHE SE CON UN PO DI RITARDO PUBBLICO LA MIA CRONACA SU UN VIAGGIO BREVE MA BELLO

I VIAGGI DELL’ANIMA
CARNEVALE A VENEZIA
Giuditta Di Cristinzi

L'ultima occasione di viaggio è stato il Carnevale e una fuga alla Thelma e Louise con la mia amica del cuore, Raffaella.
Siamo partite in comitiva all'alba di sabato 2 marzo, abbiamo attraversato parte dell'Abruzzo e il piano delle Cinque Miglia ancora innevato nella zona di Roccaraso e Rivisondoli per giungere sull' Adriatico, aperto, azzurro, meraviglioso.
Lo abbiamo pressoché costeggiato in autostrada fino alla prima meta del viaggio, Ferrara,
una città incantevole e a misura d’uomo (Ferrara  è un comune italiano di circa 130.000 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Emilia-Romagna. E’ stata  capitale del Ducato di Ferrara nel periodo degli Estensi, quando ha rappresentato un  importante centro politico, artistico e culturale. Lo sviluppo urbanistico avvenuto durante il Rinascimento, l’”Addizione Erculea”, l’ha resa la prima capitale moderna d'Europa. Nel 1995 ha ottenuto  dall'UNESCO il riconoscimento di patrimonio dell'umanità come città del Rinascimento e nel 1999 ne ha ottenuto un secondo per il delta del Po e per le  delizie estensiFerrara è sede universitaria (Università degli Studi di Ferrara) e arcivescovile (arcidiocesi di Ferrara-Comacchio) (Fonte Wikipedia).
Siamo entrate nel cuore del borgo e abbiamo attraversato il corso che ospitava  un interessante e ricco mercatino dell'usato: banchi  colorati e variegati, venditori garbati  ti e  invitanti, porcellane, tappeti, quadri, monili,  mobili restaurati, oggetti vintage. Avrei comprato di tutto se avessi avuto un “portafogli ad organetto”, come dice mia madre e la possibilità di caricare le cose per riportarle a casa!
Siamo giunte nella Piazza del Municipio dove cominciavano a riunirsi le prime maschere del Carnevale rinascimentale
(Dopo più di cinquecento anni è tornato infatti in vita il Carnevale Estense nella raffinata cornice della deliziosa città. La rievocazione storica del Carnevale che gli Estensi usavano celebrare nel XV e XVI secolo è stata un’occasione per immergersi in una atmosfera storica e un po’ magica, quella rinascimentale di una  Corte,  in particolare del Duca Ercole I d’Este e di Lucrezia Borgia. Feste in costume nei palazzi storici, cortei di figuranti delle Contrade del Palio, giochi di fuoco e di abilità, danze rinascimentali, concerti, banchetti, cene rinascimentali, divertenti rappresentazioni teatrali, escursioni culturali, visite guidate e animazioni in costume hanno animato per giorni la città, nel segno di Lucrezia Borgia, madrina delle celebrazioni, che giunse a Ferrara il 2 febbraio 1502 nel pieno dei festeggiamenti. Per riportare in vita la ‘Città capitale del Rinascimento’ e dare nuova linfa a questo evento strettamente legato al Ducato Estense, gli organizzatori hanno pensato di associare il Carnevale in stile al Trionfo del pasticcio di maccheroni, per promuovere questo prodotto gastronomico tipico. L’evento  tributa anche un omaggio alla storia della duchessa Eleonora d’Aragona, emblema di una Ferrara riconosciuta appunto  come simbolo del Rinascimento italiano.   Va detto inoltre che il Carnevale di Ferrara è l’unico in  Italia ad avere radici nel Rinascimento   e fa sì  che il centro storico  viva un viaggio nel tempo, nel mondo delle feste da ballo e dei banchetti dei duchi, dei duelli e dei tornei dei cavalieri, del teatro e degli sfarzi. Il borgo  si immerge completamente nelle atmosfere fiabesche del Carnevale e per tutto il periodo, a partire dal giovedì grasso, Ferrara è un tripudio di feste rinascimentali in costume nei palazzi storici, visite animate alla scoperta delle tante vite della città, piatti tipici dell’epoca, rappresentazioni di teatro classico, dei quali abbiamo avuto una seppur piccola idea).
Dopo aver assistito alle prime esibizioni e aver scattato le prime foto, siamo entrate del Duomo per una rapida visita. Iniziato a costruire nel XII secolo, è l'esempio di una sovrapposizione di stili, rettangolare a tre navate, pavimentato con marmi policromi a intarsio, è intitolato a San Giorgio (La cattedrale è stata costruita a partire dal XII secolo, con il contributo di Guglielmo II Adelardi e del principe Federico Giocoli, quando la città si stava allargando sulla riva sinistra del Po e di conseguenza il centro della città si spostava verso nord. La precedente cattedrale era la chiesa di San Giorgio, ancora oggi chiesa parrocchiale. E’ stata consacrata nel 1135 e dedicata anch’essa a san Giorgio, come si legge nell'iscrizione in volgare, nell'atrio della chiesa. Lo stile romanico del progetto iniziale è testimoniato dalla facciata. Nel XV secolo è stato eretto il campanile su progetto di Leon Battista Alberti,  tuttavia non è mai stato  terminato e tutt'oggi è privo della prevista copertura a cuspide. Nello stesso periodo, è stata realizzata l'abside su progetto del ferrarese Biagio Rossetti.  La facciata della cattedrale di san Giorgio è molto bella ed è attualmente in restauro dunque coperta da un telo; è in marmo bianco, a tre cuspidi, e presenta logge, arcatelle, rosoni, finestroni strombati, statue e numerosissimi bassorilievi. Nella parte centrale della facciata risalta il protiro, sorretto da leoni e telamoni, sormontato da una loggia a baldacchino con la statua della Madonna con il bambino (aggiunta tardogotica) e, in alto, è scolpito un Giudizio Universale di influenza gotico-francese. Nel Giudizio Universale i dannati vanno verso l'Inferno, i beati verso il Paradiso) (Fonte Wikipedia).
Proprio di fronte alla cattedrale c’è il Palazzo Municipale che è stato  residenza ducale degli Este fino al XVI secolo, quando la corte si trasferì al vicino Castello Estense. Attualmente è  sede del comune di Ferrara.
Dopo averlo ammirato dall’esterno abbiamo proseguito, soffermandoci davanti alle vetrine più belle, fino a Palazzo Estense
,  cinto da un vallone pieno d'acqua ove è possibile fare  un giro in  barca. Il Palazzo è stata la  residenza di Francesco III d'Este, Duca di Modena e Reggio. La sobria facciata rivolta verso il centro della città contrasta con il lato verso il giardino. Le forme sono quelle misurate tipiche del "barocchetto" lombardo, non privo di influssi neoclassici, con paraste e cornici marcapiano in bianco che risaltano sullo sfondo rosa dell'intonaco. Sul frontone si erge una meridiana sormontata dall'aquila ducale,  che attraversa il canale. Lì abbiamo fatto tante foto al Palazzo e alle mascherine che aspettavano sull’impiantito antistante l’ingresso  in occasione della parata
. Quindi ci siamo spostate in un baretto vicino per fare un aperitivo sedute comodamente un tavolino esterno e per godere dello spettacolo della sfilata delle maschere, una sorta di Palio delle contrade e dei  quartieri, con tanto di insegne e  musici.
Siamo ripartite alla volta di Chioggia,  Venezia in piccolo, già in piena lacuna veneta,  dove abbiamo abbondantemente cenato e riposato per la notte in hotel.
Il giorno successivo, domenica 3, dopo la colazione, siamo ripartite sino a l'imbarco in vaporetto per Venezia, ultima e più importante meta del nostro itinerario (Venezia  è un comune italiano di circa 260 657 abitanti, il cui centro storico (limitato ai sestieri della città lagunare) ne conta invece circa 54.000,  capoluogo dell'omonima città metropolitana e della regione Veneto. È il primo comune della regione per popolazione, undicesimo in Italia e primo in Veneto per superficie. Comprende sia territori insulari sia di terraferma ed è articolato attorno ai due principali centri di Venezia (al centro dell'omonima laguna) e di Mestre (nella terraferma). La città  è stata per più di un millennio capitale della Repubblica Veneta ed è conosciuta a questo riguardo come la Serenissima, la Dominante e la Regina dell'Adriatico. Per le peculiarità urbanistiche e per il suo patrimonio artistico, Venezia è universalmente considerata una tra le più belle città del mondo ed è stata dichiarata, assieme alla sua laguna, patrimonio dell'umanità dall'UNESCO: questo fattore ha contribuito a farne la terza città italiana (dopo Roma e Milano) con il più alto flusso turistico). (Fonte Wikipedia).
Il viaggio è stato rilassante, suggestivo e meraviglioso quasi quanto la meta;  nell'acqua placida del canale si specchiavano le casette rimesse a nuovo,  tinteggiate con colori tenui o  accesi,  i più diversi;  la nebbia del mattino ha cominciato a diradarsi per lasciare  posto a un cielo limpido e a  una giornata tiepida e primaverile. Arrivate all'attracco,  abbiamo cercato i punti di riferimento per la ripartenza del pomeriggio alle 16.00. Qualche ora per camminare spensieratamente tra le calli  e le tante bellezze veneziane sono bastate per svagarci  completamente, ritemprare il corpo e lo spirito  e per dimenticare i prosaici  impegni della vita quotidiana: spesa,  casa, cucina, lavoro (Raffa ed io siamo colleghe, entrambe magistrati onorari a Cassino), sentenze,  figli, mamme anziane e doveri vari.
Dopo aver varcato qualche ponte e subìto  parecchi controlli di polizia e carabinieri, siamo giunte in Piazza San Marco
che si è aperta alla nostra  destra, nota nel suo incanto eppure sempre nuova nella sua straordinarietà. Come si può descrivere a parole l’apoteosi della bellezza, la prodigiosa sintesi di cielo, mare e arte creativa dell’uomo che nel suo genio a volte sfida la natura!? Come posso riuscirci io, rapita, presa, confusa da tale trionfo di bellezza!?
Lascio a scrittori illustri il tentativo di descrivere a parole l’ineffabile.
La laguna è opera antica della natura. Dapprima la marea, il riflusso e la terra in azione reciproca, quindi il progressivo abbassamento delle acque preistoriche, fecero sì che all’estremità superiore dell’Adriatico si formasse una considerevole zona paludosa, che, dopo esser stata sommersa dall’alta marea, viene parzialmente lasciata libera dal riflusso. L’arte umana s’impadronì dei punti più eminenti, e così nacque Venezia, collegando in sé cento isole, circondata da cento altre.”(Johann Wolfgang Goethe). “Venezia: beltà lusingatrice e ambigua – racconto di fate e insieme trappola per i forestieri.” (Thomas Mann).
Ci siamo incantate dinanzi alle maschere del Carnevale di tradizione soprattutto settecentesca che passeggiavano fiere e divertite nei loro indovinati costumi, liete  di farsi guardare e  fotografare, protagoniste per un giorno grazie al travestimento. Il Carnevale a Venezia è ancora molto sentito.
(Se non è  il più grandioso, è sicuramente il più conosciuto d’Italia per il fascino che esercita e il mistero che continua a possedere anche adesso che sono trascorsi 900 anni dal primo documento che fa riferimento a questa famosissima festa. Si narrano ricordi delle festività del Carnevale fin dal 1094, sotto il dogato di Vitale Falier, in un documento che parla dei divertimenti pubblici nei giorni che precedevano la Quaresima. Il documento ufficiale che dichiara il Carnevale una festa pubblica è del 1296 quando il Senato della Repubblica dichiarò festivo l’ultimo giorno della Quaresima. Tuttavia il Carnevale ha tradizioni molto più antiche che rimandano ai culti ancestrali di passaggio dall’inverno alla primavera, culti presenti in quasi tutte le società, basti pensare ai Saturnalia latini o ai culti dionisiaci nei quali il motto era “Semel in anno licet insanire” ed è simile lo spirito che anima le oligarchie veneziane e le classi dirigenti latine con la concessione e l’illusione ai ceti più umili di diventare, per un breve periodo dell’anno, simili ai potenti, concedendo loro di poter burlare pubblicamente i ricchi indossando una maschera sul volto.
Una utile valvola di sfogo per tenere sotto controllo le tensioni sociali sull’esempio del “Panem et Circenses” romano. Se un tempo il Carnevale era molto più lungo e cominciava addirittura la prima domenica di ottobre per intensificarsi il giorno dopo l’Epifania e culminare nei giorni che precedevano la Quaresima, oggi il Carnevale ha la durata di circa dieci giorni in coincidenza del periodo pre-pasquale ma la febbre del Carnevale comincia molto tempo prima anzi, forse non è  scorretto dire che, a Venezia, la febbre del Carnevale non cessa mai durante l’anno. Una sottile euforia si insinua tra le calli della città più bella del mondo e cresce impercettibilmente, sale con la stessa naturalezza dell’acqua, sfuma i contorni della cose, suggerisce misteri e atmosfere di tempi andati. Un tempo il Carnevale consentiva ai Veneziani di lasciar da parte le occupazioni per dedicarsi totalmente ai divertimenti, si costruivano palchi nei campi principali, lungo la Riva degli Schiavoni, in Piazzetta e in Piazza San Marco. La gente accorreva per ammirare le attrazioni più varie: giocolieri, saltimbanchi,  animali danzanti, acrobati; trombe, pifferi e tamburi venivano quasi consumati dall’uso, i venditori ambulanti vendevano frutta secca, castagne e fritòle (le frittelle) e dolci di ogni tipo, ben attenti a far notare la provenienza da Paesi lontani delle loro mercanzie. La città di Venezia, grande città commerciale, ha sempre avuto un legame privilegiato con i Paesi lontani, con l’Oriente in particolare cui non manca, in ogni edizione del Carnevale, un riferimento, un filo rosso che continua a legare la festa più nota della Serenissima al leggendario Viaggio del veneziano Marco Polo verso la Cina alla corte di Qubilai Khan dove visse per circa venticinque anni.) (Fonte www.carnevalevenezia.com).

Molti i giovani, ma anche le persone di una certa età che sentono ancora forte la tradizione e non rinunciano al gioco del travestimento, allo sfizio di  nascondersi dietro una maschera per divertirsi  e dimenticare le preoccupazioni quotidiane  e forse anche se stessi, ovvero la maschera che si indossa abitualmente, ogni giorno, per vivere e confrontarsi con gli altri.
Queste riflessioni hanno portato Raffaella e me a ricordare la poetica di Pirandello, di  Uno, nessuno e centomila, in cui il nobel siciliano 1934 ipotizza che la maschera non sia altro che una mistificazione, un simbolo alienante, indice della spersonalizzazione e della frantumazione dell'io in identità molteplici, ed anche  una forma di adattamento in relazione al contesto e alla situazione sociale in cui si produce un determinato evento. Rimembranze di vecchie studentesse del liceo classico di una volta.
Tornate alla realtà abbiamo ammirato gli abiti elaborati, coordinati, variopinti, tematici, sintesi  ben riuscite di sete,  broccati, velluti, canape, passamanerie,  merletti, righe, fiori,  nastri,  fiocchi, parrucche,  cappelli e finanche calze bianche e scarpe di sapore settecentesco con tanto di fibbie metalliche. Avvolte dal turbinìo di colori e graziate da un clima mite e piacevole, abbiamo preso un caffè al famosissimo Florian,  rimanendo colpite da un gruppo di sei, sette mascherine, attempate,  sedute ad  un tavolo fare una colazione ricchissima  come avrebbero potuto fare nel ‘700-‘800 dei  nobili di corte: cioccolata calda in tazza e pasticcini di ogni genere.

Abbiamo assistito allo spettacolo del volo dell'Aquila o, meglio, dello “svolo” che è stato interpretato quest’anno dalla campionessa di Short Track, Arianna Fontana, vincitrice di ben 8 medaglie olimpiche.
Abbiamo fotografato una delle maschere più premiate al Carnevale 2019, il Viaggiatore,  un giovane damerino  con abito  di tessuto decorato con cartine geografiche di Alviero Martini e i due emisteri di fianco,  sui lati, realizzati in  velluto azzurro oceano con decori che riproducevano i cinque continenti.

Ci siamo poi allontanate dalla piazza  per entrare in qualche negozio di lusso,  templi del bello contemporaneo e della moda,  Hermes, Dior, Fendi. Le commesse,  garbate, benché ovviamente avessero capito che non eravamo giapponesine in vena di acquisti,  ci hanno fatto provare borse, occhiali e foulards, facendoci sentire milionarie.
Ci siamo poi addentrate per le calli più distanti perdendo la nozione del tempo; abbiamo attraversato piazze e  piazzette,  slarghi e stradine,  canali e scalette, visto  gondole,  turisti e souvenirs fino al Ponte di Rialto, meraviglioso e bianco, abbiamo scattato  tante foto e fatto  una pausa per uno spuntino e una sosta per un caffè.
Ci siamo attardate  oltre il consentito e, arrivate le 16.00, eravamo ben distanti dal luogo dell’appuntamento per la ripartenza, lontane dal vaporetto e dall’imbarco e un po’ disorientate. Uscite da Piazza San Marco, sembrava dovessimo percorrere solo pochi metri e invece…
Corri, corri, corri  alla ricerca dei  punti di riferimento individuati all'andata  e dei sassolini lasciati da noi stesse, turiste fai te, novelle Pollicino, i conti non sono tornati. I ponti erano gremiti di turisti che hanno rallentato e stancato. Giunte all'imbarco in ritardo,  quando il vaporetto stava ormai per partire, tirate praticamente a bordo del marinaio,  siamo state accolte da un applauso da parte degli altri passeggeri, alcuni indispettiti, altri divertiti dalla nostra disavventura.
Ci siamo scusate mostrandoci contrite, ma intimamente soddisfatte dal nostro essere ritornate per un giorno spensierate come due ragazzine in gita scolastica.
Il viaggio di ritorno, lungo e quasi notturno, non ci ha stancato  più di tanto per quanto siamo state ristorate dalla breve fuga,  complice, chiacchierina,  estemporanea, ritemprante.
Dopo solo poche  ore di sonno,  al mattino dopo, udienza, sentenze e doveri familiari sono risultati meno duri.


 P.S. RINGRAZIO CLARA STAFFIERI PER L'ORGANIZZAZIONE

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