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giovedì 21 marzo 2019

RECENSIONI

ED ECCOMI RECENSITA DA EC SHIVERS

“Il caso di Roccaventosa” di Giuditta Di Cristinzi

Titolo: Il caso di RoccaventosaAutore: Giuditta di CristinziEditore: Robin EdizioniPagine: 176Anno: 2016
Voto: 5/5
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Giuditta Di Cristinzi, molisana DOC, molto legata alla sua terra, dove vive e lavora come avvocato, è un’autrice piena di interessi. Oltre ad un blog, a romanzi e racconti, nel corso degli anni Giuditta ha scritto anche poesie, molte delle quali sono state pubblicate in antologie e hanno ricevuto menzioni di merito.
Dal 2018 collabora con GEArtis, associazione culturale tutta al femminile, che, insieme alla mia socia, avevo avuto il piacere di conoscere alla Fiera del Libro di Firenze, tenutasi lo scorso settembre. Per saperne di più sulla Fiera, cliccate qua: FIRENZE LIBRO APERTO 2018; per conoscere meglio l’associazione GEArtis e quello di cui si occupa, questo è invece il link che fa per voi: http://geartiswebmagazine.com/!
Per cui oggi sono molto felice di dirvi la mia sul romanzo che Giuditta mi ha chiesto di leggere e recensire, un’opera dal titolo evocativo e che preannuncia al suo lettore una trama tinta di giallo: Il caso di Roccaventosa.
Nella fervida immaginazione dell’autrice, Roccaventosa è un piccolo paese immaginario, situato in Molise, ma al confine con Lazio e Campania. Le sue origini sono molto antiche, ma la storia non ha mai smesso di bussare alla sua porta. Il romanzo è infatti ambientato nel 1948, ovvero nell’immediato dopoguerra, un periodo molto difficile e delicato non solo per il piccolo paese, ma per l’Italia tutta. La gente che abita Roccaventosa è perciò fiera e restia a concedere fiducia ai nuovi venuti, ma anche parsimoniosa, amante della buona tavola, abituata al sudore della fronte e rispettosa nei confronti dei signori Papaleo, la famiglia più ricca e potente della comunità, che abita in un maestoso e possente castello, circondato da mura e da un ampio parco.
A rompere l’equilibrio già precario del paese arriva niente meno che un omicidio, ma non un omicidio qualsiasi, quello della nobile quasi ottantenne Donna Clelia Papaleo, che viene trovata morta, in una posizione contratta e irrigidita, nella serra del giardino d’inverno del castello, dalla domestica Rosa.
Quando l’ispettore Sandro Costa, trasferito dalla Sicilia e subito incaricato di indagare sul caso, arriva sulla scena del crimine, capisce immediatamente che non si tratta di un semplice attacco d’ictus, come vogliono fargli credere, ma di un omicidio in piena regola, e precisamente di un avvelenamento.
Da quel momento scattano le indagini e gli interrogatori, i funerali della principessa vengono per ovvi motivi rimandati, e Costa si vede costretto a fare i conti con cittadini poco collaborativi e nobili indispettiti dal suo comportamento. Tutti cominciano a considerarlo un personaggio scomodo, uno che vuole solo creare problemi e fondamentalmente un inesperto che parla a sproposito. La vita per Costa si fa sempre più difficile, ma i primi riscontri investigativi, come il ritrovamento del diario della vittima con alcune pagine strappate, sono pietre che schiacciano l’indifferenza. Alla fine l’ispettore, con il suo spirito arguto e la sua voglia di giustizia, giungerà alla verità, spiazzando completamente chi non credeva in lui e nelle sue capacità. Come la stessa autrice ha dichiarato in un’intervista, l’idea per questo personaggio le fu ispirata dal padre, anch’egli integerrimo classe 1919.
I personaggi e gli intrighi nel libro sono moltissimi, la scrittura è fluida e accattivante, precisa e lineare. Il caso di Roccaventosa si legge con piacere e si vede che è stato scritto e curato da una persona di cultura. Personalmente ho molto apprezzato i frequenti richiami alla natura schietta e bellissima del Molise, alla sua campagna disseminata di olivi e baciata costantemente dal sole, alla sua cucina povera, ma ricca di sapori. Leggendo traspare tutto l’amore dell’autrice per la sua terra, e il lettore non può che venirne coinvolto e ammaliato.
La trama del romanzo, che ricordiamo essere il primo per la Di Cristinzi e anche per questo le rinnovo i miei complimenti (un esordio assolutamente ben riuscito), si sviluppa senza incertezze, trovando un  sereno equilibrio tra descrizioni, narrazione e parti dialogate, cosa non comune anche negli scrittori di maggior successo.
I personaggi sono ben delineati; l’autrice riesce con pochi tratti a dipingerne i ritratti, lasciando poi campo libero allo sviluppo delle psicologie. Così, ad esempio, l’oste Bertuccio, dal quale Costa si reca per rifocillarsi, viene descritto come un uomo dalla “bella pancia pronunciata e il naso rubizzo”, che dopo un mezzo inchino comincia ad elencare i piatti del suo “menu”. Realismo pittorico in piena regola.
Tutti gli attori del romanzo, in egual misura, dai collaboratori dell’ispettore, Ferrara e Parisi, inizialmente reticenti e perplessi, ai nobili Papaleo e ai loro servitori, sono quindi credibili e veritieri, e assecondano il luogo e soprattutto il momento storico in cui la loro creatrice li ha collocati.
Complimenti ancora a Giuditta di Cristinzi, a cui auguro di continuare a coltivare la passione per la scrittura, che dà ottimi frutti!
Cat.


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