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giovedì 21 marzo 2019

DONNE O WONDER WOMAN?

Stamattina  ho letto un interessante articolo su una rivista. L'argomento mi tocca da vicino, quindi tornata a studio, ho voluto approfondire la ricerca sul sito www.disabili.it ove è pubblicata la notizia integrale successiva ad un'inchiesta.

Pare che 9 donne su 10, in realtà l'86%, si occupi della cura e dell'assistenza di un familiare bisognoso, genitori, coniuge o figli, spendendo gran parte delle energie e del tempo della giornata, con piacere, ma con sacrificio e a danno della propria salute. 

Riporto dal sito: 

"In Italia l’86% delle donne è impegnato con diversi gradi di intensità nell’assistenza a familiari ammalati, figli, partner o più spesso genitori. 1 su 3 se ne prende cura senza ricevere aiuto e solo 1 su 4 è agevolata dal punto di vista lavorativo.

www.villagecare.it

Sono tante, tantissime (oltre 15 milioni di persone, secondo i dati ISTAT del 2011), si prendono cura quotidianamente di figli, mariti, genitori, partner disabili o anziani, rinunciano al lavoro e alla vita sociale, ma anche a curare la loro salute. Sono le donne che in Italia sono caregiver, alle quali Onda, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, in collaborazione con Farmindustria, ha dedicato un approfondimento all’interno del Libro bianco 2018 “La salute della donna – Caregiving, salute e qualità della vita”, appena presentato UNA INCOMBENZA CHE LE LASCIA SOLE.
Non sono dati confortanti, quelli che emergono dallo studio: innanzitutto quante sono? Sono tante: la ricerca rileva che lo fanno 86 donne su 100. Un terzo di queste si occupa dei propri cari senza aiuti, solo la metà fa affidamento su collaborazioni saltuarie in famiglia e soltanto nel 14% dei casi si appoggia a un aiuto esterno. Per le donne lavoratrici la situazione si aggrava ulteriormente dal momento che solo 1 su 4 può avere accesso al part-time, allo smart working o agli asili assistenziali.
COSA FA LA CAREGIVER FAMILIARE?  La giornata di una caregiver ruota intorno alle esigenze del congiunto che assiste: deve quindi dividersi tra accudimento generale (lavare, dare da mangiare, seguire nelle operazioni basilari della vita quotidiana) a compiti propriamente infermieristici, come eseguire medicazioni e somministrare farmaci, fino  a mansioni burocratiche.

I RISCHI PER LA SALUTE  Si tratta di un carico assistenziale che impatta a 360 gradi con la vita di queste persone, minandone la salute, poiché, di fatto, ci si trascura perché non c’è più tempo per sé. La ricerca rileva che  in molte trascurano la propria salute anteponendo quella della persona che accudiscono e si trovano così a rimandare visite mediche, controlli ed esami, a seguire un’alimentazione scorretta, privandosi spesso di una regolare attività fisica e del giusto riposo notturno. 

RISCHIO DI BURNOUT   Anche quando un caregiver non sia ammalata  di qualcosa di “visibile”, non è detto che a livello psichico la sua salute non risenta del forte stress cui è sottoposto a livello psichico: il carico che ne consegue può rivelarsi attivatore di malattie e depressione, fino ai casi più estremi dove il caregiver può sperimentare la sindrome del burnout, uno stato di 
esaurimento emotivo, mentale e fisico causato da uno stress prolungato nel tempo legato ad un carico eccessivo di lavor
o e problemi familiari. 

In aggiunta, il cambiamento di abitudini e la mancanza di tempo libero modificano le relazioni affettive e familiari portando all’isolamento.

COME SI CURANO LE CAREGIVER  La caregiver che si accorge di stare male, cerca di arrangiarsi. La ricerca rileva che nel 46% dei casi di problemi lievi di salute e nel 29% delle situazioni più gravi, la donna si prende cura di sé stessa da sola. Ben il 68% delle donne con alto tasso di coinvolgimento nel caregiving è totalmente autonoma nella gestione delle proprie problematiche di salute, talvolta anche fortemente invalidanti.

PEGGIORE QUALITA’ DELLA VITA  Per quanto riguarda la salute delle donne in generale, il Libro bianco conferma che, nonostante vivano più a lungo (84,9 anni, contro gli 80,6 degli uomini), hanno un’aspettativa di vita “in buona salute” di 57,8 anni rispetto ai 60 per gli uomini perché più soggette a fragilitàpolipatologie, perdita di autosufficienza e più predisposte a disturbi cognitivi e depressivi.

SOSTENERE LE CAREGIVER  Le caregiver familiari si ammalano, non si curano, devono rinunciare al lavoro, non hanno il tempo per un caffè con le amiche, per una chiacchiera, figurarsi per il parrucchiere. Ma queste donne lavorano: giorno e notte a seguire una persona malata, sostituendosi in alcuni casi allo Stato in una assistenza che altrimenti peserebbe anche sulle tasche di tutti noi. 

Il minimo che si possa fare, a questo punto, è riconoscere il loro lavoro, in primis riconoscendo loro diritti legati alla contribuzione lavorativa, e permettendo loro di licenziarsi dal lavoro con la certezza di percepire una pensione quando sarà il momento. Si attende che anche a livello centrale ci si allinei a  normative regionali che in alcuni casi hanno superato la normativa nazionale, come nei casi di Emilia Romagna, Lombardia, Lazio, Piemonte, Sicilia, Toscana e Veneto."

L'articolo mi è parso stimolante perché l'argomento mi interessa da vicino sotto più punti di vista personalmente. 
Sono una donna che ha superato i 50, ho tre figli maschi che sono stati piccoli e ospedalizzati più volte per vari motivi, più o meno gravi, sono figlia di una mamma anziana che a settembre è caduta,  si è rotto il femore e non è più automa, lavoro fuori casa e mi occupo dei miei beni. Dunque sono abbastanza  impegnata. 
Mi sono rispecchiata parecchio nella ricerca. 
E' dura per me ed è dura per le altre cosiddette caregiver. Io ho potuto avvantaggiarmi sempre dell'aiuto di qualcuno -per mia fortuna-, ovviamente pagando,  ma c'è chi non ne ha le possibilità o la mentalità. 
Quando i miei ragazzi erano piccoli erano dei diavoletti e finivamo spesso in pronto soccorso, inoltre (forse un fatto di numero?) siamo finiti spesso ricoverati per interventi di varia natura (una frattura, una broncopolmonite, l'asportazione delle adenoidi, una torsione dei testicoli, quattro interventi all'orecchio, ...).
Ebbene io sono stata sempre accanto a loro, quasi 24 ore su 24, ho "dormito" sempre in ospedale, magari su una sediola, nessuno mi ha mai sostituito (e certo sono la mamma, si dirà), ho dovuto far quadrare il cerchio con grandi difficoltà e sofferenze, e a volte , non nego, anche con qualche risentimento nei confronti di chi avrebbe potuto darmi una mano in più e non l'ha fatto. Spesso la notte non ho dormito per emergenze varie come  la febbre, il vomito, l'allattamento al seno per un anno per ognuno dei miei figli, ma la mattina mi sono sempre alzata e via.

Ho sempre contestualmente lavorato fuori casa e badato alla casa, fatto la spesa per una famiglia numerosa di quattro  maschi, con tanto di cane e gatto...

Ora la mia adoratissima mamma, ormai 91enne si ritrova lucida ma fragile, alle ultime battute della vita, bisognosa di assistenza, di presenza, di cura, di chi vada a farle la spesa, di chi le faccia compagnia, di chi  disbrighi le varie pratiche amministrative per l'invalidità civile e simili, di chi le compri le scarpe ortopediche o le calze o un pigiama o le faccia fare una passeggiata al sole. 
Ognuno è  preso dalle sue  attività di lavoro, dagli impegni più vari e mamma spesso è sola con la badante. Non riceve che rare visite e telefonate. 
La maggior parte (per fortuna non tutti) degli  amici parenti e compari è sparita, eppure lei è stata, a parer mio, così buona, premurosa e scrupolosa con tutti...

Io devo sopperire a tutte le esigenze, le più disparate, e  spesso mi trovo stanca, frustrata, svuotata, incompresa. Sempre in lotta con il tempo. Ho dovuto ovviamente rinunciare ai miei hobby, dolorosamente anche alla scrittura, alla palestra e ad altro. Ma provo con tutte le forze e la determinazione che mi contraddistinguono a non lasciarmi andare, a non mollare, a avere sempre un po' cura di me. 
La mattina indosso la mia maschera di persona  allegra ed estroversa, mi vesto, mi trucco, mi stampo in viso un bel sorriso e affronto la giornata. 

Ma al di là dello sfogo personale che mi ha preso la mano, ritengo che inchieste come questa, articoli così meritino più di una riflessione.
Non mi pare più tempo di  femminismo,  invece io mi metterei ancora a marciare in corteo per chiedere  attenzione su queste problematiche e per richiede risoluzioni sociali e politiche in favore e a sostegno della condizione delle donne ancora così ingiustamente sacrificata in pieno terzo millennio. 
I  pesi familiari, sanitari, affettivi non dovrebbero ricadere solo ed esclusivamente su di noi  che in tal modo veniamo  fortemente penalizzate nel lavoro, nella carriera,  nei  guadagni, nell'indipendenza economica,   nell'autoaffermazione e finanche nella cura di noi  stesse e della salute.  





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