Sono sicuramente una persona "all'antica" ma interpreto in maniera molto critica i risvolti sociali di alcuni punti della cosiddetta riforma Cartabia della Giustizia, introdotta con Decreto Legislativo n. 149 del 10 ottobre 2022.
Un tempo il divorzio non era conteplato nel nostro ordinamento, quello di cui al codice civile del 1942, codice antiquato e di morale fascista per alcuni, considerato il momento di compilazione e pubblicazione (16 marzo 1942).
Successivamente, è noto, dopo molte battaglie, venne introdotto anche in Italia, cattolica e apostolica, distante anni luce da quanto accadeva già da tempo in altri Paesi d'Europa, il divorzio con la legge n. 898 del 1 dicembre 1970.
Le polemiche e i mal di pancia non terminarono e nel 1974 venno indetto il referendum abrogativo che ebbe l'esito che conosciamo.
Con buona pace di tutti, le separazioni e i divorzi sono aumentati nel tempo in maniera quasi esponenziale e la normativa è stata rivista per adeguare l'ordinamento al costume.
Prima il tempo della separazione prescritto per poter ottenere il divorzio era di 5 anni, in seguito di tre; di poi la riforma del 2015 ha ridotto il termine a un anno nel caso di separazione giudiziale e sei mesi nel caso di separazione consensuale.
Con la nuova riforma si è andati ancora più avanti.
Dalla relazione illustrativa del Ministero della Giustizia pagg. 75 e ss. si legge: "...A seguito dell'entrata in vigore della l. 6 maggio 2015, n. 55, che ha previsto la riduzione dei termini per proporre domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio dalla data della comparizione dei coniugi nell'udienza presidenziale del procedimento di separazione, è emersa con sempre maggiore urgenza la necessità di dettare disposizioni che possano prevedere un coordinamento tra i due procedimenti, nonché ove opportuna la loro contemporanea trattazione..." e ancora "...La possibilità, sia per il ricorrente sia per il convenuto, di proporre contemporaneamente domanda di separazione e di divorzio nel medesimo giudizio, garantirà economie processuali, considerata la perfetta sovrapponibilità di molte delle domande consequenziali che vengono proposte nei due giudizi...". "... Negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse. Le domande così proposte sono procedibili decorso il termine a tal fine previsto dalla legge, e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale").
La ragione di tale accelerazione verso lo scioglimento del vincolo matrimoniale dunque sarebbe l'economia processuale, il dover far presto, il non occupare i tribunali con cose che appaiono quasi futili e pretestuose.
Ebbene, questa società e questo nostro ordinamento cambiano molto, troppo velocemente per me. Io non riesco a stare dietro a questa evoluzione che fa anche del matrimonio e della famiglia un bene di facile ed effimero consumo.
Non sono un'illusa sull'amore eterno e sono convinta che il matrimonio abbia funzioni più sociali, economiche ed egoistiche che amorose e sentimentali.
Proprio per questo l'istituto si è giustamente evoluto.
Prima occorreva soprattutto per procreare con certezza di patermità e per dare sostentamento alla donna e accudimento all'uomo; poi si è modificato verso la parità dei ruoli, invero mai raggiunta, almeno dalle mie parti. Ma adesso mi sembra che davvero si esageri. Tutto free, tutto smart, tutto troppo veloce.
Ci si piace, si sta insieme, si fanno magari dei figli, non si va d'accordo, si decide di lasciarsi. Neanche un po' di tempo per riflettere, per cambiare idea, per far passare la luna storta. Macchè, in uno separazione e divorzio e via verso nuove avventure.
Mi spiace perchè la famiglia è un grande valore umano e sociale che andrebbe meglio tutelato assieme ai figli.
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