Bologna stamattina è avvolta da una bruma leggera, incartata da atmosfera e colori autunnali.
Tutto appare ovattato; singole persone si muovono piano, ognuno verso la sua direzione; io esco dall'hotel e vado a fare colazione nel bar dirimpetto, poi prendo un'autobus e mi dirigo in ospedale dove trovo Pietro in attesa, un po' disorientato. Raggiungiamo il piano del reparto e viene ricoverato. Dopo un po' mi invitano a uscire.
Mi spiace lasciarlo solo, il mio bambino grande.
Scendo in strada e noleggio una bici; vado in giro; vado a casa dove non trovo nessuno, i lavori fermi. Prendo un caffè in un bar solo per far pipì e non hanno il bagno, vado dai cinesi e compro del sapone per Pietro; mi rimetto in bici per tornare in ospedale; percorro una bella pista ciclabile che si fa strada tra alberi, prati, foglie dorate. Osservo le persone in giro, molti stranieri, persone comuni, quasi tutti vestiti in modo modesto, con indumenti sintetici e forse si fattura cinese, dozzinale. Cammino, mi perdo, mi ritrovo. Cerco il padiglione 5 e aspetto che mi facciano entrare. Pietro, caro, quanta sofferenza per questo benedetto orecchio 👂 bucato. Ben cinque interventi in dieci anni, in cinque città diverse, da Napoli, a Castellammare di Stabia, a Roma, a Modena e a Bologna.
Pazienza, dai. È la vita. L'anno scorso eravamo in festa per il tirocinio e l'imminente laurea e ora siamo qui. Dobbiamo resistere, accettare tutto, essere grati. Tra un anno dove saremo?
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