Andando a
piedi, nel cuore della notte, con le tue poche cose chiuse in fretta in una
busta di plastica verde, verso casa della nonna, una mano aggrappata alla
giacca di Carlo, una stretta, tutta sudata, nelle grinfie di Pina, ti chiedesti
che male avessi fatto mai.
- Muoviti,
cammina, vedi che sta per piovere...
Avresti voluto
gridare che non ce la facevi più, che non riuscivi ad andare più veloce di così,
avresti voluto dirle di tornarsene a casa, di lasciarvi da soli lì, per strada,
nel buio, che tu e Carlo ve la sareste cavata da soli, che conoscevate la via e
che l’avreste trovata la casa della nonna. Ma ingoiasti le lacrime salate che ti
bruciavano il visino tenero e tirasti in su col naso anche le parole che, lo
sapevi, sarebbero state inutili e avrebbero irritato, se possibile ancora di
più, Pina.
Tuo fratello
Carlo ti camminava a fianco, in silenzio, ubbidiente, apparentemente
insensibile all'ennesima scenata, ma di sicuro stava male come e più di te. Lui
era stato sempre così, impassibile, pareva un soldatino in riga, come al funerale
della mamma.
Basta, avevi deciso.
Anche se tuo padre e Pina avessero fatto pace, non saresti ritornata mai più in quella casa dove ti
sentivi di troppo.
Ti eri svegliata,
spaventata da morire. Ti eri ricacciata ancora più giù tra le lenzuola lise,
fingendo di dormire. Ma lei ormai era infuriata. Aveva aspettato che tuo padre, sfinito,
s’addormentasse per vendicarsi, come al solito. La storia andava avanti da
troppo tempo. Ma forse quella era la volta buona. Forse si lasciavano davvero. Ti
dispiaceva un po' solo per le bambine. Camilla e Carlotta, in fondo, erano le tue
sorelline, più piccole e più fortunate,
avevano la mamma loro. Ma il babbo, quello lo condividevate ed era un disastro
per tutti.
Per fortuna la
stanchezza e il sonno erano più forti dei cattivi pensieri. Quando Pina diede la prima scampanellata al portone
della nonna, eri rassegnata e tranquilla, come la superficie di uno stagno che
nasconde sabbie mobili.
- Chi è?- fece
la voce nota, bassa e impastata, dagli scuri della finestra al primo piano.
- Maria, siamo
noi, scendete.
- Che è
successo?
- Nonna, siamo
noi, - fece Carlo come ravvivandosi.
- Vostro
genero ne ha fatta una delle sue, ma per me è l'ultima. Io lo lascio. Domani
mattina lo sbatto fuori di casa. Le gemelle restano con me, ma questi è meglio
che li riteniate voi. Quella bestia non è in grado di badare neanche a se
stesso.
Ti avviasti su
per le scale grigie. Povera nonna, non
era le bastato perdere la figlia, ora doveva anche ricominciare tutto daccapo e
prendersi cura di due ragazzini.
Ma no,
promettesti alla tua stella lassù.
“Saremo noi che
ci prenderemo cura di te, nonna cara.”
Nessun commento:
Posta un commento