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domenica 31 dicembre 2023

Tramonta dietro il monte 

Del tempo

L'anno che t'ha ghermito

Vorrei scordare 

Questi numeri sinistri


Una manciata di minuti

Mi lancia 

Nell'anno nuovo

Vuoto di te 

Un anno orfano

Alla nascita 

Di ogni motivazione 


Devo ridisegnarmi

In scopo e compagnia

Inventarmi libera

Senza te

L'ingombro 

Era lo scudo 

L'obbligo 

Ammantava il timore


Non lo so fare


 

lunedì 25 dicembre 2023

Atmosfere di festa

Sottolineano l'assenza


Ineluttabile sera

Cerco la tua presenza

Tra piccole cose e case

Fiuto l'essenza  di te

Ma anche il cielo

Ha cambiato posto

Tutto diserta 

Tutti, imprevistamente 

E io sono meno me

Senza te 

Avanti d'inventare 

Altra esistenza

Da questa carenza

Di azzurre carezze




domenica 24 dicembre 2023

La più amata

diserta la mia tavola

È nostalgia 

la sedia vuota

È solitudine

al centro di voci 

dissonanti e stonate

Metto distanze 

tra me e altra sensibilità 

Cane e gatto 

danno conforto 

Percepiscono l'umore

Tutto disturba 

cime quest'insolente 

odore di pesce 

e di aglio e olio fritto

Meglio il digiuno

in questi giorni 

strani di festa


venerdì 15 dicembre 2023

DEPRESSIONE

 

Come si fa a guarire dalle ferite dell'anima?

La sofferenza e il dolore sono esperienze comuni a tutti e si devono attraversare, naturalmente, nell'arco della vita, ma come le ferite del corpo anche quelle dell'anima, possono guarire. 

Spesso siamo noi a riaccendere i tormenti, legandoci indissolubilmente al passato e utilizzando le parole che, anziché rimarginare le ferite, le rendono ancora più profonde. 

Parlare di ciò che ci fa star male è peggio. Cronicizza.

Più del ragionamento invece è utile la fantasia, la creatività, il fare cose con le mani, l'immaginare l'animale che potremmo essere, il fiore che vorremmo essere evocando immagini che agiscono dentro di noi in una maniera rigenerativa in grado di illuminare il cammino, verso il benessere interiore. 

A volte capita di sentirsi tristi, apatici, insoddisfatti, di non riuscire a vedere un futuro. 

Questi sono i sintomi della cosiddetta depressione di cui molti soffrono e che parecchi rifiutano di cacciar via.

In realtà, la depressione, come l'ansia, è una risorsa interiore, è un segnale che arriva con lo scopo di preciso di farci comprendere che non abbiamo imboccato la strada giusta, quella nostra più vera. La depressione ha lo scopo di far morire le cose inutili e sterili dentro di noi, per far rinascere qualcosa di diverso, qualcosa di più funzionale all'esistenza attuale.


La depressione si presenta sempre quando la vita sembra remarci contro per qualche evento che ci colpisce. 

Non va combattuta, ma accolta, guardata, per lasciarle fare il suo lavoro. 

La depressione rappresenta una crisi profonda, un filo interiore che si spezza, che cambia radicalmente il modo di vivere il mondo, anche se tutto è uguale a prima. 

Nulla sembra lo stesso, ogni cosa perde senso. 

La depressione è come un masso che ci sbarra la strada e la via e ci spinge a scegliere un'altra strada, ad abbandonare un percorso che non è nelle nostre più autentiche corde, un percorso giunto a un vicolo cieco, da abbandonare.

Si può rimanere nella depressione o cercare di andare avanti e la scelta non è facile o immediata, non è indolore. E' faticosa, incerta.

La depressione si manifesta con una stasi completa, la persona che ne è affetta, si blocca. Talvolta non  ha nemmeno voglia di alzarsi dal letto, di lavarsi, di mangiare, di fare le cose più elementari.

Sbloccarsi da questa situazione, ricominciare a vivere per stare meglio non è semplice. Perché a volte bisogna lasciarsi morire per rinascere, per riprendere a vivere, per ritrovare il senso.

Essenziale è guardarsi dentro, comprendersi, assecondarsi, chiudere gli occhi e immaginare, chiedersi "cosa vorrei fare davvero, chi sono io, cosa mi piace in maniera istintiva e naturale?"

La risposta è dentro di noi. 



P.S. e note. Argomenti liberamente trattati. Spunti tratti da letture di Riza psicosomatica e altro. 

ANSIA

 

Uno dei mali di questo tempo è l'ansia, tanto che gli ansiolitici sono i farmaci più usati nel mondo, ma l'ansia in realtà non è una malattia e può essere superata con le medicine. 

NEL BUIO PUO' ACCENDERSI UN FARO 

L'ANSIA PUNGE

Molto spesso si chiede che sia un problema da debellare. Invece è un sintomo. È un qualcosa che dall'interno viene ad avvertirci che la nostra vita non sta andando come dovrebbe. 

L'ansia è determinata anche da un atteggiamento mentale, dalla continua autocritica, dal rimuginare, dai sensi di colpa che sono in profondo contrasto con l'energia rigenerativa del cervello. 

L'ansia dipende dal fatto che continuiamo a combattere un lato di noi che invece vuole venire alla luce. Jung parlava al riguardo del lato ombra. Questo lato ombra, sepolto, seppellito, magari sgradito, deve essere conosciuto, accettato e integrato. 

Per il nostro benessere è fondamentale cercare anche più volte al giorno uno spazio vuoto, isolato, contemplativo che ci consenta di arrivare al centro del nostro essere e di entrare in uno stato di consapevolezza rilassata, in cui possiamo guardarci dentro.

Per riuscirci abbiamo a disposizione degli strumenti semplici, gratuiti: il buio, il silenzio, il respiro.

Talvolta invece il buio e il silenzio ci fanno paura. In essi rischiamo di sentirci smarriti.

E invece proprio al buio e nel silenzio, nel mettere a tacere le parole, le domande che ripetiamo che  riprendiamo il contratto con il nostro nucleo e impariamo ad attivare le risorse naturali che ci curano e ci portano alla felicità. 

Il respiro è un ponte che collega il corpo e la mente. Ed è ciò che allontana dai ragionamenti sterili.

Quando la mente si attacca ad un pensiero si può provare ad abbandonarlo concentrandoci sul respiro, per rimanere più vicini a noi stessi, nel qui ed ora, nel presente. 

Altro aiuto è dato dallo Yoga che è una disciplina indiana dolce, millenaria e preziosa che può rivelarsi molto utile per meditare e rilassarsi profondamente. 

Sono sufficienti pochi minuti al giorno.



P.S. e note. Argomenti liberamente trattati. Spunti tratti da letture di Riza psicosomatica e altro. 

ALLA RICERCA DELLA FELICITÀ

 

A OGNUNO LA SUA. I MIEI FIGLI SONO PARTE INTEGRANTE DELLA MIA FELICITA' MA NON LA SOLA

Spesso crediamo che essere felici dipenda dall'avere un buon lavoro, una relazione che funziona, successo e danaro, ma non è così. 

La felicità, quella vera, non ha cause esterne e sgorga direttamente da noi stessi, quando diventiamo armonici con la nostra natura profonda, con la nostra anima, col nostro se, col nostro demone. 

Felicità in greco era detta Eudaimonia, cioè buon demone, quindi la felicità è data dall'essere in accordo con il nostro demone interiore.

Quindi non dipende dagli altri e non è un premio per le sofferenze patite. Non può essere delegata all'esterno ed è è uno stato del cervello. 

Sta però agli antipodi del pensiero, non può essere collegata o ricercata con la mente ma col sentire.

Spesso ci arrocchiamo, ci arrovelliamo nei pensieri. Non va. 

Dovremmo piuttosto chiederci: sto facendo quello che mi piace? sto seguendo la mia strada? sto alimentando il mio demone interiore? sto facendo davvero me stesso? agisco per ciò per cui sono nato?

Se un ragazzo ha ad esempio, naturale inclinazione per giocare a pallone, o dipingere, o suonare, o studiare letteratura e viene, direttamente o indirettamente, indotto dalla famiglia a iscriversi alla facoltà di ingegneria non potrà essere felice.

 

Primo passo per trovare la felicità e smettere di pensare. Ma come si fa per smettere di pensare troppo? 

L'eccesso del ragionamento, della riflessione porta ad una stasi a cronicizzare i problemi e il dolore. È necessario fare invece degli esercizi pratici e vivere nella natura, svolgere delle buone pratiche psicologiche e soprattutto tanta meditazione per ricongiungersi al se  profondo.



P.S. e note. Argomenti liberamente trattati. Spunti tratti da letture di Riza psicosomatica e altro. 

martedì 12 dicembre 2023

ECO...

 






SCARPE, NON SOLO ROSSE, MA DI TUTTI I COLORI. LA VIOLENZA SI NASCONDE OVUNQUE

Eco è dannata perché dissipa il suo talento, lo usa male per compiacere il padre, Zeus, che la induce a utilizzare la sua bella parlantina, intensa e avvincente, per distrarre Era quando lui la tradisce. 

Eco è come quelle bambine con talenti e passioni personali che per compiacere i genitori o i familiari in senso più ampio o per emulare i fratelli, abbandonano le proprie passioni e si donano, si immolano, fanno altro, perdendo di fatto se stesse. 

Ecco che diventano fragili, deboli, prede di chi le abbaglia, dei Narcisi che brillano, in apparenza. Si innamorano di chi sembra possedere ciò che loro non hanno. E poi soffrono perché i Narcisi sono chiusi, arroccati in difesa e incapaci di amare.

E' così che si creano le dipendenze affettive, la sopportazione di ingiustizie e violenze.

Forse bisogna indagare nel passato delle tante donne oggi violate per comprendere se  da piccole hanno sofferto distorsioni che da adulte le portano ad accettare altri soprusi. 

domenica 10 dicembre 2023

ECO E NARCISO

 Giornata casalinga di riflessioni e scrittura e molto altro. 

E' iniziata presto, perché alla mi età non si dorme più come prima, più come si vorrebbe.

Sono scesa giù in cucina e mi sono preparata la solta parca colazione, nessuna concessione alla domenica e alle calorie di troppo. Poi sono tornata nella tana e ho letto e scritto, ho guardato la tv e ho tracciato il canovaccio per il prossimo romanzo, Non solo botte. Un libro sul tema dei rapporti tossici, della violenza insolente sulle donne, sulla dipendenza affettiva e sugli uomini che attirano le donne fragili. 

Riuscirò a scriverlo, a terminarlo? Non lo so, scrivere è difficile ed è innanzi tutto una fatica, materiale e psicologica, un travaglio e un parto. Non è così scontato. 

Poi sono scesa di nuovo per pranzo. In realtà se n'è occupato Claudio, per fortuna, dalla spesa alla preparazione di un bel piatto di pappardelle ai funghi porcini. 

Siamo soli, noi due. I ragazzi sono via. 

In questi giorni il pensiero è andato all'inizio della nostra storia, nient'affatto lineare, non come sembra. 

Il 4 dicembre di trenta anni fa partimmo per un viaggio a Londra e lì iniziò tutto. Avvistamento, valutazione, avvicinamento, corteggiamento, fidanzamento e via. Innamoramento, passione, alti e bassi, il concorso, il matrimonio, la casa, i tre figli, le nostre famiglie, così diverse, le litigate, le riappacificazioni, i viaggi, gli acquisti, i figli impegnativi e sempre più grandi, i problemi di salute, i lutti, il lavoro che poteva essere insieme e insieme non è stato. Tutto il mondo che gira attorno e noi, nostro malgrado, malfermi, ma al centro, asse inclinato di un'esistenza che gira e che è andata avanti ben oltre la metà del cammino. 

Dopo il pranzo, Domenica in, un programma che mi distende. E poi un funerale, triste, prematuro. Uno di noi, uno che poteva essere noi. 

Una comunità che si stringe in lacrime sotto le ciminiere, ancora una volta...

Son tornata e con la compagnia di cane  e  gatto ho finito una borsa all'uncinetto per un'amica cara, una che se la merita, una persona disponibile, presente, rara. 




Poi ho ascoltato su YouTube un video intero e lungo di Massimo Borgioni, uno psicoterapeuta che la sa lunga. Bravissimo.


Un intervento magnifico, illuminante, magistrale. Eco e Narciso, un mito utile per il libro che mi accingo a scrivere. 

E poi ho visto Il diario di Bridget Jones, un film cult sullo stesso tema, un narcisista patologico e una dipendente affettiva.


Per scrivere bisogna documentarsi. Anche per vivere, per comprendere, per fare autoterapia. 

E poi la cena, un bicchiere di vino rosso, il cane, il gatto,
diversamente e parimenti affettuosi, la televisione, una sigaretta, il mio blog, la mia scrittura. Sempre. 

Perché Eco si perde quando svende il suo talento e lo abbandona. Io non voglio farlo, per quanto possa apparire tardi, in primis a me, voglio coltivare la mia vocazione, nutrire il mio talento, riscattarmi, aver fiducia, essere forte, avere la mia narrazione, la mia voce, che non sia solo un'eco. 

Tra Eco e Narciso


chi è più dipendente, chi più Narciso? Se fosse esattamente il contrario? Vedremo...

Attenti ai virus, anche a quelli del telefono


E tempo di truffe a mezzo telefono o pc e di recente il mio cellulare è letteralmente sotto attacco. Link, inviti, notifiche, scene porno. Infastidita e preoccupata, ho riferito ai miei familiari e ai miei consulenti bancari che mi hanno detto di disinstallare prontamente le app di home banking e di ripulire il telefono. Mi sono recata da specialisti del settore e mi hanno dato i consigli che seguono che voglio condividere con chi ne avrà bisogno.


Non toccare link sospetti: non rispondere o toccare i link provenienti da notifiche sospette. Potrebbero essere tentativi di phishing.

Aggiornare le app e il sistema di tanto in tanto: assicurarsi di avere tutte le applicazioni, compreso il sistema operativo, aggiornate alla versione più recente per beneficiare delle ultime correzioni di sicurezza.

Installare un antivirus: basta cercare un'applicazione antivirus affidabile dal Google Play Store per proteggere il  dispositivo da malware.

Verificare le autorizzazioni delle app:  controllare le autorizzazioni concesse alle app, assicurarsi che solo le app necessarie hanno accesso a informazioni sensibili.

Utilizzare un'app di sicurezza come "Google Play Protect". Può aiutare a identificare e rimuovere app dannose. 

Assicurarsi che la  funzione sia attiva sul dispositivo.

Impostare password e blocco schermo: che sia una password robusta; altrimenti può essere utilizzato un riconoscimento biometrico per proteggere l'accesso al tuo dispositivo.

Fare sempre un backup regolare ed eseguire regolarmente il backup dei dati importanti in modo da poterli recuperare in caso di necessità.

Controllare  le impostazioni di sicurezza ed esaminare le impostazioni di sicurezza del telefono per assicurarti di sfruttare al massimo le funzionalità di sicurezza disponibili.

Segnalare il phishing o tentativi di  phishing alle autorità competenti come la polizia postale o alle app di sicurezza.

Essere cauti nell'interagire con notifiche sospette e  mantenere sempre alta la consapevolezza sulla sicurezza del  dispositivo.

Camminata veloce

Francesca

Non c'è di meglio a volte di una bella passeggiata veloce per migliorare le proprie condizioni fisiche in maniera facile, economica e alla portata di tutti.

Non serve fare esercizi stressanti e faticosi, andare necessariamente in palestra o avere un costoso personal trainer. 

Camminando a piè veloce, con ritmo sostenuto, si fortifica il corpo, si prevengono le malattie cardiovascolari e il diabete, si dimagrisce più facilmente perché camminare velocemente agisce sul metabolismo. 

Passeggiare, soprattutto nella natura, all'aria aperta, nel verde, ossigena e favorisce il buon umore e il benessere psicofisico, vince lo stress o per lo meno lo abbassa, allenta ansia e tensione. 

Molte ricerche comprovano che camminare a passo sostenuto fa bene e ha una serie di effetti positivi. Ricercando, ogni giorno ne scopro uno di più.

Dunque al bando la pigrizia, scarpe comode e al passo! 

Lettera di Basedow

 




Ciao Hashimoto,

sono tuo cugino Basedow, anch’io sono un morbo brutto e insidioso e all’inizio tendo a nascondermi. Non voglio farmi trovare; curare non se ne parla proprio.

Sono una malattia autoimmune invisibile che attacca la tiroide, come te, ma io causo ipertiroidismo. 

Quando prendo posto nell’esistenza di qualcuno mi attacco e non lo lascio per tutta la vita; mi affeziono, diciamo così.

Gli altri non mi vedono ma la mia vittima mi sente e sta male senza sapere esattamente perché. 

Posso causare appetito e inquietudine, dimagrimento forte e mal di testa, ptosi palpebrale e amenorrea, tachicardia e insonnia o edema e gonfiori, gozzo, crisi tireotossiche e osteoporosi.

Posso attaccare anche in altri modi, più originali, come te, Hashi caro, causando dolori o sbalzi di umore, confusione e stanchezza, picchi di energia o senso svuotamento.

Rubo il sonno, anch’io; gonfio o assottiglio, attacco il fegato in epatomegalia, cioè lo faccio diventare più grande, spingo gli occhi in fuori, rendendo brutti con l’esoftalmo e faccio cambiare i capelli: li arriccio o li faccio cadere; a volte me la prendo con le unghie e posso far sentire ansiosi, preoccupati, depressi o volubili. Secco la pelle e creo brutte sorprese.

A volte la mia vittima organizza qualcosa di importante, come un esame all’università, il matrimonio, un viaggio. Ebbene, a volte lo concedo, a volte no. 

Come faccio? Abbasso all’inverosimile i livelli dell’ormone tireotropo, il TSH per noi intimi, alzo quello di T3, T4, FT3 ed FT4, tutte sigle strane che stanno per ormoni della tiroide e scateno una bella, forte e inattesa crisi tireotossica con tanto di astenia, fenomeni confusionali e altre conseguenze sul cuore o sullo scheletro e la solidità delle povere ossa, che da quel momento in poi non saranno più le stesse, ma più fragili e porose.

Perché faccio tutto questo? Non lo so di preciso, è la mia vita, il mio lavoro. Magari a causa di un virus o di tanto stress, di un dispiacere, di inquinamento o radiazioni o perché l’oggetto del mio desiderio rientra nel cosiddetto protocollo tiroideo.  

In questo caso la vittima ignara, spesso una giovin donzella, è stata caricata in famiglia di aspettative e responsabilità, è stata convinta di doversi occupare della povera mamma, di dover fare tutto da sola, di dover essere tanto brava in tutto, povera ignara e sciocca perfettina.

Io, di fronte a tanta fragilità, non posso farne a meno, attacco. E quando avrò cominciato ad agire in modo concreto, a causare un bel po’ di danni e fastidi, sarà già tardi. 

La vittima dirà a casa, laddove non se ne fossero ancora accorti, che sta male e che vuole andare dal medico. Illusa. Altro che medico, ce ne vorrà un esercito.

Comincerà a raccontare i sintomi a questo e quello, sarà visitata e sottoposta a tanti esami: esami del sangue in tutti i centri diagnostici più vicini, ecografie, scintigrafie, aghi aspirati e TAC e RMN e RX, visite oculistiche, visite ginecologiche e cardiologiche, finché qualcuno finalmente dirà “ma è la tiroide!”

Sì, la tiroide ma non solo, lei è solo il primo bersaglio.

E inizieranno le cure con i tireostatici, sempre più forti, finché comparirà edema e gozzo e chili in più e compressione della trachea e altri, nuovi, fantasiosi disturbi.

Ma appena si smetteranno le cure, per evitare effetti collaterali o riscontrare guarigione la tiroide, sempre lei, reattiva e resiliente più che mai, ricomincerà galoppare.

Allora via, cambio di medico e di medicine. Altro giro altra corsa.

Intanto stanchezza, sfiducia e malessere accompagnano la vittima, quotidianamente, anche quando parenti e amici cominciano a essere stanchi dei suoi lamenti e di dover accompagnare il prigioniero di qua e di là.

Gli studiosi, i medici, i professori, gli endocrinologi ci studiano, trattano, curano in tanti modi, con i farmaci, il radioiodio, la chirurgia.

Riusciranno a sconfiggerci del tutto? In quanto tempo? Quanto impiegheranno per capire che si tratta di noi prima di debellarci? Ci stanno assediando.

Dobbiamo organizzarci meglio e affilare le armi, ci stai cugino Hashimoto? Io sì.

E ora ti saluto con piglio pervasivo, ho ancora molto da fare.

                                                 A presto

Morbo di Basedow

 


Mi sono ammalata di morbo di Basedow nel 1984. Avevo 17 anni. È stato complesso diagnosticarlo e curarlo finché non mi sono rivolta al dottor Aldo Pinchera, professore di Endocrinologia dell'Università di Pisa, e ai suoi collaboratori, tra tutti la dottoressa Paola Fierabracci, che ha continuato a seguirmi, a distanza, anche gratuitamente. Ho risolto con un intervento di tiroidectomia, nel 1993. Prendo quotidianamente l'Eutirox.
Nonostante tutte le difficoltà, ho avuto tre figli.
Ho letto la lettera di Hashimoto e ho voluto idealmente rispondere. 

sabato 9 dicembre 2023

I colori di Napoli

Domenica scorsa, in auto, sono stata a Napoli con amici. Avevamo prenotato un tavolo per otto alla Trattoria del Monacone, un locale molto tipico, decorato con ceramiche antiche, dove abbiamo mangiato il cuoppo di alici e altri fritti, la pasta e patate con provola, bella quagliata e riposata, il baccalà e la caprese. Dopo aver passeggiato un po' lungo le vie del quartiere popolare della Sanità, ancora decorato per la vittoria dello scudetto, e aver assaggiato (solo i golosi) le nuvolette di Poppella, ci siamo spostati sul Vomero, quartiere agli antipodi: alto, lussuoso, ben frequentato.

Dopo un giro per le strade piene di luci, di persone, negozi e decorazioni siamo andati al teatro Diana dove abbiamo visto Natale in casa Cupiello, il famoso dramma di Edoardo de Filippo, rivisto e interpretato da Salemme. Bello. Cosa vorrà dire, mi sono chiesta. Un dramma familiare. Battibecchi, liti, affetto, piccole avversità, imbrogli, tutto in poche stanze, tutto in famiglia, da sempre  teatro di dinamiche varie, di amore e contrasto. 

Ma la serata non è finita così.

I maschietti, due in particolare, dovevano vedere la partita, Napoli Inter, e ognuno tifava una squadra diversa. Altro piccolo dramma dunque, davanti a magre insalate e ricche pizze, scelte rispettivamente da magri e... diversamente magri. Ma, niente da fare, quando la bestiaccia va incazzare la bestiola, il Napoli non passa!


Grande Napoli, campione d'Italia 

Forse set di Mina Settembre 

Grafiti e colori

Peppino e Totò alla Sanità 

A tavola con gusto: mare e terra

Ancora Bologna



Altro weekend a Bologna,  pare diventata un'abitudine. Questa volta per prendere in consegna la casa e pulire.
In realtà ho dovuto constatare che i lavori non sono finiti e che dovranno tornare gli operai per fare vari ritocchi. 
Ho pagato una penultima trance dei lavori all'imprenditore, col quale, ormai, ho fatto amicizia, e mi sono guardata intorno. C'era molto da fare, una casa vecchiotta appena uscita da un cantiere di ristrutturazione. Polvere e grasso a iosa. Ma non mi sono persa d'animo. Mi sono cambiata con abiti da lavoro e ho iniziato ad aprire armadi e ripostigli. C'era ancora tanta roba da gettare.
È inutile, il blog carica foto al contrario  

I fratelli Manetti al cinema

Io e Gigio al cinema

Girato a BOLOGNA 

Avrebbero dovuto gettare tutto, invece ...

Molto a desiderare 







Come una furia ho preso e ho buttato tutto nell'ingresso. Ho fatto un cumulo con materassi, reti, cuscini, coperte polverose, viti, serrature, immondizia. Poi ho lavato l'armadio a muro che sarà di Claudietto e i vetri della sua stanza, il cassonetto e i pavimenti. Mi sono spostata in un'altra stanza e ho letteralmente spostato un mobile, spingendo, ruotando, facendo forza. Mi sono aiutata bagnando il pavimento. Non so se sono più folle o più una forza della natura, piccola piccola e determinata. Anche lì ho lavato cassonetto, vetri e pavimenti quindi, finalmente, è venuto Claudietto a prendermi. Abbiamo pensato di trascorrere il resto della serata al cinema. Ho accettato di buon grado. Avrebbe voluto vedere Chimera ma era sold out. Allora abbiamo dirottato su Diabolik chi sei? all'Odeon. Era una occasione speciale. C'erano i registi,  i fratelli Manetti di persona che hanno parlato del film, l'ultimo di una trilogia girata a Bologna. Mi è piaciuto ma la recitazione della Bellucci mi è sembrata caricaturale, innaturale. Boh! Per rendere il fumetto? In fondo anche Mastandrea col suo Ginko non era da meno. 
Il giorno dopo, di buon mattino ho cercato il bus giusto, il 19, e son tornata a fare le pulizie, nonostante il giorno di festa e l'onomastico di mamma mia. Ho tentato di ripulire il balcone, i vetri della finestra della cucina e la cucina in stato davvero pietoso, con piastrelle piene di grasso. Ancora fili volanti, un tavolo sparito a altre incongruità. Detersivi a iosa, spazzolone, scopa, lavavetri, secchio, bacinella, pezze e stracci, ma che stanchezza, che frustrazione. Si dirà, perché? Perché a Bologna è difficile trovare chi lo faccia, difficile trovare a distanza. E comunque una persona c'è già stata a far qualcosa mercoledì e giovedì e ci tornerà mercoledì venturo, in modo da accogliere i mobili.

Quando sono stata davvero stanca, mi sono cambiata e sono uscita nel freddo e sotto la pioggerellina. Ho preso un bus e sono tornata in centro
Ho cercato un salone aperto, cinese ovviamente, era festa, e ho fatto un massaggio intero e una messa in piega quindi mi sono vista con Claudietto e siamo andati a cenare da Doppio Malto. Poi subito a casa, a letto. Lui a vedere la partita del Napoli, io a leggere e dormire. 
Stamani non ce l'ho fatta ad andare di nuovo a pulire. Mi sono rifiutata. Sono stata l'intera mattina a letto, a leggere, a scrivere, a giocare col telefono e a interrogare Claudio su diritto del lavoro e diritto sindacale. Ha breve ha gli esami e che Dio gliela mandi buona, cucciolo mio.
A ora di pranzo mi sono vestita e siamo andati a mangiare pesce 🐟 al mercato delle erbe, su via Ugo Bassi, da Banco 32. Abbiamo preso delle cotolette di sarde con ottima caponata e fregole al ragù di mare, non un granché. Poi siamo andati da Gamberini, di fronte, a prendere il caffè con un dolcino speciale. In foto le vetrine da acquolina in bocca.

P.S. Sia ieri che oggi colazioni speciali e golose da Felicity, cui ho proposto dolci alla crema di latte. Tiè!


Sarde panate

Fregole sarde

Macaron alle castagne

Choux au chocolat


Le vetrine ghiotte e variopinte di Gamberini 


Pista ghiacciata nei pressi della stazione ferroviaria 


 

Perché tanta violenza


Normalmente sono le donne a subire violenza, più frequentemente, violenza fisica e psicologica. Perché? 

Me lo sono chiesto in questi giorni di commemorazioni, di cronache feroci, di giornate dedicate.

Talvolta la violenza di genere arriva ad uccidere, creando un male irreparabile, tal altra ferisce, indebolisce, esaspera tenendo in vita.

Accade per un intrecciarsi di motivi culturali e biologici. Ed è dato di fatto. Il contrario non accade, se non di rado.

Eppure le donne sentono sin da subito che qualcosa non va, ma non riescono a sottrarsi. Quando cadono in rapporti malati, tossici, apparentemente entusiasmanti e risolutivi di un'intera esistenza, percepiscono fastidio, disappunto, pericolo. Hanno dubbi. Tuttavia restano avvinte perché si creano dinamiche perverse di 'bastone e carota', anzi di carota e bastone. Corteggiamenti, dolcezze, regali, complimenti, gentilezze, brividi, promesse che illudono, parole che fanno sentire speciali. Sono fittizie, forse inconsapevolmente. 

Son cose che attecchiscono su donne fragili, provate, indecise, dipendenti affettive. 

La dipendenza affettiva è generata da traumi familiari, da rapporti contorti, dalla morte di uno dei genitori in età tenera, da genitori assenti o disattenti o discontinui, o ancora da genitori molto presenti ma richiedenti, da una mamma o un papà che amano a condizione di... essere una brava bambina, di andar bene a scuola, di divenire questo o quello. Quando una donna così psicologicamente compromessa incontra un uomo apparentemente sicuro e risolto, brillante e simpatico, si innamora. Quell'uomo promette, anche senza parlare, di colmare tutte le sue lacune e di renderla felice.

Ma lui in fondo è altrettanto insicuro, ha una pessima immagine interiore di sé e ha scelto la persona più vulnerabile e adatta a scaldare le sue incertezze. Dopo la prima fase, quella corteggiamenti, dell'innamoramento, vorrà dominarla, la sminuirà, cercherà di costringerla a fare cose non volute, sarà geloso, farà proibizioni, le imporrà i suoi comportamenti, la trascurerà, la lascerà sola incurante di tutta la sofferenza che potrà causare perché un uomo così fondamentalmente non è empatico, non riesce ad immedesimarsi nello stato d'animo altrui. 

Quando la vittima comprenderà, proverà ancora più dolore, tenterà di staccarsi ma incontrerà enormi difficoltà. Ci saranno altri e bassi. Lui proverà a trattenerla fino alle estreme conseguenze. Nel caso apparentemente meno grave, della violenza psicologica, i confini sono molto meno netti e la presa di coscienza  più difficile. Anche perché momenti di svalutazione e aggressione verbale si alterneranno a fasi di riavvicinamento e cura. La donna dipendente affettivamente è la vittima perfetta, perché le fasi positive agiranno come una droga, come una dose che crea felicità e appagamento.

Difficile prendere coscienza, ancor più decidere di chiudere, allontanarsi e farcela. 

Talvolta però è lui che chiude, non solo con un gesto drammatico, ma con l'abbandono. Accade quando il maschio, probabilmente affetto da narcisismo psicologico, sentendosi scoperto, dopo tanti confronti e dolorose liti, preferisce andar via. Lei infatti non gli rifornisce più la linfa vitale, emotiva; inoltre, è stato smascherato e non ci sta ad essere visto da nessuno per quello che è. Quello che è ma che lui in realtà non vede. Lei fungerebbe da specchio. Visione insopportabile. Troppo pesante da accettare. Ha costruito la sua vita e la sua personalità sulla menzogna di essere forte, capace, brillante. 

Questa mia è solo una riflessione,una ricerca di spiegazioni, è il frutto delle mie letture, della mia curiosità. 

È certo però che se si sente di essere in difficoltà bisogna chiedere aiuto, non solo a familiari e amici, che renderanno a minimizzare, ma a specialisti che possono aiutare a oggettivare i dubbi e a fornire strumenti adeguati per fuggire via e dare una svolta alla propria vita. 


Atomi di consapevolezza

si aggiungono nella nebbia

attorno al nucleo 

dell'indeterminata indecisione


Ignare dipendenze

aumentate da promesse

di nuova felicità

accettano aggressioni


Momenti d'essere

Bologna, 9 dicembre 2023


venerdì 1 dicembre 2023

IL BICARBONATO DI SODIO

In chimica NaHCO3 è il carbonato acido di sodio o carbonato monosodico. Nome difficile e altisonante per indicare un ritrovato semplice e alla portata di tutti.



Naturale, ecologico, economico, benefico per la salute e utilissimo per decine di funzioni diverse, il bicarbonato non va visto come un semplice e casalingo rimedio della nonna, antiquato e poco efficace. 

Al contrario, la scienza dimostra che questa sostanza bianca e cristallina, già usata dagli antichi Egizi migliaia di anni fa, ha ancora molte potenzialità di impiego. 

E' presente in cave in Toscana, a Rosignano, e negli Stati Uniti.

Oltre agli usi casalinghi per la pulizia e l’igiene, il bicarbonato è considerato come un alleato contro l’eccesso di acidità nell’organismo. 

Non solo è un rimedio efficace per digerire meglio, diluito in po' d'acqua, se si vuole con aggiunta di qualche goccia di limone, e per curare il reflusso gastroesofageo, ma può essere utile anche per contrastare l’eccesso di acidi urici, che favoriscono la formazioni di calcoli renali

Il bicarbonato quindi merita una nuova e maggiore considerazione rispetto al passato.

Prima di tutto andrebbe conosciuto meglio, perché molti ancora ne ignorano le tante virtù. 

Ed è per questo che ho voluto creare questo post, per raccontare i numerosi possibili usi del bicarbonato di sodio. 

A quelli elencati, potrete aggiungerne altri, nei commenti sul blog o sui social. 

Il bicarbonato dunque può essere usato come digestivo, disinfettante per la pulizia delle superfici, igienizzante, sbiancante, esfoliante, terapeutico, additivo alimentare.
Mia madre ad esempio lo usava quotidianamente per lavarsi e per sbiancare i denti che ha avuto, suoi e sani, fino alla fine in tarda età.
Può essere usato per lavare i capelli, lucidare l’argento, pulire la macchina del caffè, pulire il frigorifero, calmare gonfiori e prurito, lucidare i bicchieri, realizzare appunto un dentifricio, per deodorarsi, pulire casa, pulire pettini e spazzole per capelli, combattere i punti neri e le impurità dal viso, pulire la lavastoviglie, sbiancare i capi di abbigliamento, pulire la cucina, pulire il bagno al posto di costosi detersivi industriali, lavare frutta e verdura, eliminare il calcare, eliminare i cattivi odori.
Gli utilizzi del bicarbonato di sodio sono anche alimentari e culinari. 
L’unione di bicarbonato di sodio e limone è utile per favorire la lievitazione degli impasti: la sua cottura contribuisce, infatti, a sprigionare anidride carbonica.

Anche mia suocera ne fa largo uso, diluito nell'acqua per lavare e spazzolare tappeti persiani in lana o maglie di cashmere. 
Un'amica lo usa, sempre diluito in acqua, per lavare le parti intime senza correre il rischio di infiammazioni o di impoverire la flora batterica con detergenti industriali misti ad altro e più aggressivi. 
Quindi via, a tutto bicarbonato di sodio!

Quiete serena

Mentre i giorni d'autunno si inseguono, io sto. Sto bene, ferma nel mio sole di novembre, a godermi l'amore sempiterno di mio marito...