TRIBUNALE DI CASSINO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il GOP, in funzione di Giudice del Lavoro presso
il Tribunale di Cassino, dott. Giuditta Di Cristinzi, ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al Ruolo Generale delle
Controversie di Lavoro e Previdenza per l’anno 2017 al numero XXX, decisa alla
pubblica udienza del 28 settembre 20XX, vertente
TRA
DD MM MM, XXXX, rappresentata e difesa in virtù di mandato in calce al
ricorso introduttivo dall’avv. SS CC ed elettivamente domiciliata presso il suo
studio in MXX (LT) alla Via XXXX n. 4,
RICORRENTE
CONTRO
INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. M.A.XX giusta
procura alle liti del 21.07.20XX a rogito notaio P. CXX di Roma ed
elettivamente domiciliata in Cassino alla Via Po n. 45, presso l’Ufficio Legale
dell’Istituto,
RESISTENTE
Oggetto: ricorso per il riconoscimento del diritto all’assegno sociale
CONCLUSIONI: per ciascuna delle
parti,
quelle dei propri scritti difensivi e dei verbali di udienza, da intendersi
qui integralmente riportate.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con
ricorso depositato in data 29.09.2017, la sig.ra DDMM si rivolgeva al Giudice
del Lavoro del Tribunale di Cassino esponendo: di aver presentato all’INPS, in
data 27.04.2016, domanda di assegno sociale; che con comunicazione del
16.05.2016 l’Inps respingeva la domanda; che, ritenendo non chiara la
motivazione della reiezione del 16.05.2016, veniva inoltrata a mezzo PEC dal
Patronato LXXr richiesta di riesame della pratica; che l’Inps, con
comunicazione del 24.01.2017, annullava i motivi del precedente rifiuto ma non
accoglieva la domanda; che in data 13.01.2017 veniva presentato ricorso al
Comitato Provinciale con allegata visura catastale dei terreni/fabbricati della
ricorrente e del coniuge; che in data 02.02.2017 il Comitato Provinciale
respingeva tale ricorso amministrativo.
Tanto
premesso, chiedeva accertarsi e dichiararsi il diritto alla percezione
dell’assegno sociale con condanna dell’Inps al pagamento dell’assegno sociale mensile
in misura piena dalla data della domanda amministrativa o da quanto ritenuto di
diritto, oltre alle maggiorazioni e agli interessi legali sui ratei; in via
subordinata, accertare e dichiarare il diritto alla percezione dell’assegno
sociale in misura parziale con importo ridotto pari alla differenza tra
l’importo intero e l’ammontare del reddito eventualmente traibile dal bene
immobile, qualora fosse locato, oltre alle maggiorazioni e agli interessi
legali sui ratei.
Il
tutto con vittoria di spese, funzioni ed onorari di causa da distrarsi in
favore del difensore antistatario.
Si
costituiva l’INPS chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato in
fatto e in diritto.
Alla
prima udienza il Giudice concedeva termine per note.
All’udienza del 28.09.20XX,
il Giudice, udita la discussione orale delle parti, decideva la causa come da
dispositivo in calce, di cui dava lettura in aula.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso merita di
essere accolto per i motivi in fatto e in diritto che saranno di seguito
illustrati.
L’assegno sociale,
previsto e regolamentato dall’art. 3 comma 6 della L. 335/1995, è un sussidio
erogato dall’Inps a favore di soggetti che si trovino in una situazione
economica disagiata. Viene concesso solo se ricorrono determinati requisiti tra
i quali il compimento di 65 anni e 7 mesi (per le domande avanzate nel 2016 e
2017), la cittadinanza e residenza italiana, e il non superamento delle soglie
annuali di reddito previste dalla legge. Tale reddito viene calcolato in modo
diverso nel caso il coniuge sia coniugato oppure no.
Nel caso che ci riguarda,
la ricorrente presentava ricorso avverso il mancato riconoscimento del diritto
a percepire l’assegno sociale.
In particolare, la sig.ra
DDMM, in data 27.06.20XX presentava all’Inps domanda di assegno sociale. Tale
domanda veniva respinta dall’Inps in quanto non erano state allegate visure
catastali di terreni fabbricati in ambito nazionale dei coniugi DDMM/FF. Chiedeva,
pertanto, un riesame della pratica. All’esito, l’Istituto, nonostante
annullasse i motivi del precedente ricorso, non accoglieva la domanda motivando
che “la prestazione in oggetto ha natura
assistenziale ed è rivolta a sostenere i cittadini che si trovino in condizioni
economiche disagiate e non appare rispondente a coloro che non versino in un
effettivo stato di bisogno perché titolari di bene immobile diverso dalla casa
di abitazione e che decidono volontariamente di tenerlo a disposizione – coniuge
titolare di n. 2 appartamenti”. La sig.ra DDMM, proponeva, quindi, ricorso
amministrativo al Comitato Provinciale, che veniva respinto stante la
titolarità, da parte del coniuge, di un ulteriore immobile oltre la prima casa.
Riteneva, per questo motivo, non sussistente lo stato di bisogno (poiché si è deciso volontariamente di
rinunciare ad un proprio reddito pur essendo titolare di ulteriore immobile).
La stessa ricorrente, nel
proprio ricorso introduttivo, affermava che il coniuge era effettivamente titolare
di 2 appartamenti, di cui il primo adibito a prima casa, mentre il secondo
concesso in comodato gratuito al figlio già dal
La ricorrente, quindi,
dimostrava di non ricavare/percepire alcun reddito da tale seconda abitazione
intestata al coniuge, né di averne la piena disponibilità stante la presenza di
un regolare contratto di comodato d’uso gratuito della stessa abitazione già
dal 2009 (giusta dichiarazione di occupazione di immobile) e registrato nel
2017, nonché avviso di pagamento della TARI intestata al figlio MM.
Sul punto, l’art. 3 della
L. 335/95, al comma 6, dopo aver stabilito i requisiti necessari per
l’ottenimento dell’assegno sociale, dispone che “se il soggetto possiede redditi propri l’assegno è attribuito in misura
ridotta fino a concorrenza dell’importo predetto, se non coniugato, ovvero fino
al doppio del predetto importo, se coniugato, ivi computando il reddito del
coniuge comprensivo dell’eventuale assegno sociale di cui il medesimo sia
titolare . (…) L’assegno è erogato con carattere di provvisorietà sulla base
della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese
di luglio dell’anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi
effettivamente percepiti.”
Per quanto riguarda la
concessione dell’assegno sociale, ed in particolare sulla compatibilità di
altri redditi con tale trattamento pensionistico, la Corte di Cassazione si è
pronunciata con la sentenza n. 6570 del 2010, richiamata dal ricorrente, affermando,
in sintesi, che in tale ipotesi non basta la mera titolarità. Secondo la
Suprema Corte, infatti, ai fini della percezione dell’assegno sociale rileva
l’effettiva percezione di uno o più redditi in misura tale da superare le
soglie previste dalla legge e non già la mera titolarità degli stessi.
In particolare, con tale
pronuncia, la Corte ha affermato che “è
lo stesso legislatore, quindi, che collegando il conguaglio ai redditi
effettivamente percepiti attesta che, agli effetti di cui trattasi, non è
irrilevante la concreta “percezione” del reddito. Conseguentemente essendo il
conguaglio stranamente connesso, non alla mera titolarità di un reddito, bensì
alla sua effettiva “percezione”, è da ritenere che il reddito incompatibile
intanto rileva in quanto sia stato effettivamente acquisito al patrimonio
dell’assistito. (…) Ciò è, altresì, conforme alla stessa funzione
“assistenziale” dell’assegno in parola che resterebbe frustrata ove si dovesse
escludere il beneficio sulla base della mera titolarità di un reddito
incompatibile senza tener conto anche della sua effettiva percezione”.
Lo stesso Istituto, nel
messaggio n. 4424 del 8.11.2017, avente ad oggetto i requisiti reddituali e i
chiarimenti normativi dell’assegno social, al n. 4 specificava che l’allegato 1 alla circolare 195/2015 (come
sostituito dal msg 4023/2016) alla voce “rilevanza 7: Assegno sociale, art. 3,
commi 5 e 6, della L. n. 335/1995 e s.m.i. “riporta, tra i redditi da computare
ai fini del riconoscimento della prestazione, gli “altri redditi non
assoggettabili all’IRPEF”. Con
riguardo a tale tipologia di redditi, la giurisprudenza ha sottolineato che, ai
fini del diritto all’assegno sociale, nel computo del reddito complessivo
occorre tenere conto dei redditi effettivi di “qualsiasi natura”, dunque di
tutte le entrate che permettono di verificare l’effettivo stato di bisogno
nell’anno a cui il reddito si riferisce. In quest’ottica, l’intera entrata
costituita dal ricavato della vendita di un immobile costituisce, per l’anno a
ci si riferisce, un reddito inquadrabile tra quelli di cui alla voce “altri
redditi non assoggettabili ad IRPEF”. Dunque, anche tale circolare
sembrerebbe fare riferimento, ai fini della concessione di tale prestazione,
all’effettiva percezione di un reddito derivante da una seconda abitazione e
non solo dalla mera titolarità.
Nel caso che ci riguarda,
la ricorrente provava di non percepire alcun reddito dalla seconda abitazione
di proprietà del coniuge, essendo quest’ultima stata concessa in comodato
gratuito al figlio già da diversi anni.
Sulla base di tali
considerazioni e alla luce degli atti di causa, deve
concludersi per l’accoglimento del presente ricorso.
Le spese di lite seguono
la soccombenza, come da dispositivo.
P.Q.M.
Definitivamente
pronunciando, così provvede:
- accoglie il ricorso;
- accerta e dichiara il diritto della sig.ra DDMM a
percepire l’assegno sociale a far data dalla domanda amministrativa, con
maggiorazione e interessi legali sui ratei;
- condanna l’INPS alla refusione delle spese di
lite liquidate in € 800,00, oltre IVA e CPA.
Cassino, 28 settembre 2XXX
Il GOP
Dott.
Giuditta Di Cristinzi
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