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giovedì 5 ottobre 2023

UN'INTERESSANTE, RECENTE SENTENZA IN TEMA DI ASSEGNO SOCIALE

 

  TRIBUNALE DI CASSINO

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il GOP, in funzione di Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Cassino, dott. Giuditta Di Cristinzi, ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nella causa iscritta al Ruolo Generale delle Controversie di Lavoro e Previdenza per l’anno 2017 al numero XXX, decisa alla pubblica udienza del 28 settembre 20XX, vertente

 

TRA

 

DD MM MM, XXXX, rappresentata e difesa in virtù di mandato in calce al ricorso introduttivo dall’avv. SS CC ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in MXX (LT) alla Via XXXX n. 4,

RICORRENTE

CONTRO

 

INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. M.A.XX giusta procura alle liti del 21.07.20XX a rogito notaio P. CXX di Roma ed elettivamente domiciliata in Cassino alla Via Po n. 45, presso l’Ufficio Legale dell’Istituto,

RESISTENTE

 

Oggetto: ricorso per il riconoscimento del diritto all’assegno sociale

 

CONCLUSIONI: per ciascuna delle parti, quelle dei propri scritti difensivi e dei verbali di udienza, da intendersi qui  integralmente riportate.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con ricorso depositato in data 29.09.2017, la sig.ra DDMM si rivolgeva al Giudice del Lavoro del Tribunale di Cassino esponendo: di aver presentato all’INPS, in data 27.04.2016, domanda di assegno sociale; che con comunicazione del 16.05.2016 l’Inps respingeva la domanda; che, ritenendo non chiara la motivazione della reiezione del 16.05.2016, veniva inoltrata a mezzo PEC dal Patronato LXXr richiesta di riesame della pratica; che l’Inps, con comunicazione del 24.01.2017, annullava i motivi del precedente rifiuto ma non accoglieva la domanda; che in data 13.01.2017 veniva presentato ricorso al Comitato Provinciale con allegata visura catastale dei terreni/fabbricati della ricorrente e del coniuge; che in data 02.02.2017 il Comitato Provinciale respingeva tale ricorso amministrativo.

Tanto premesso, chiedeva accertarsi e dichiararsi il diritto alla percezione dell’assegno sociale con condanna dell’Inps al pagamento dell’assegno sociale mensile in misura piena dalla data della domanda amministrativa o da quanto ritenuto di diritto, oltre alle maggiorazioni e agli interessi legali sui ratei; in via subordinata, accertare e dichiarare il diritto alla percezione dell’assegno sociale in misura parziale con importo ridotto pari alla differenza tra l’importo intero e l’ammontare del reddito eventualmente traibile dal bene immobile, qualora fosse locato, oltre alle maggiorazioni e agli interessi legali sui ratei.

Il tutto con vittoria di spese, funzioni ed onorari di causa da distrarsi in favore del difensore antistatario.

Si costituiva l’INPS chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato in fatto e in diritto.

Alla prima udienza il Giudice concedeva termine per note.

All’udienza del 28.09.20XX, il Giudice, udita la discussione orale delle parti, decideva la causa come da dispositivo in calce, di cui dava lettura in aula.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Il ricorso merita di essere accolto per i motivi in fatto e in diritto che saranno di seguito illustrati.

L’assegno sociale, previsto e regolamentato dall’art. 3 comma 6 della L. 335/1995, è un sussidio erogato dall’Inps a favore di soggetti che si trovino in una situazione economica disagiata. Viene concesso solo se ricorrono determinati requisiti tra i quali il compimento di 65 anni e 7 mesi (per le domande avanzate nel 2016 e 2017), la cittadinanza e residenza italiana, e il non superamento delle soglie annuali di reddito previste dalla legge. Tale reddito viene calcolato in modo diverso nel caso il coniuge sia coniugato oppure no.

Nel caso che ci riguarda, la ricorrente presentava ricorso avverso il mancato riconoscimento del diritto a percepire l’assegno sociale.

In particolare, la sig.ra DDMM, in data 27.06.20XX presentava all’Inps domanda di assegno sociale. Tale domanda veniva respinta dall’Inps in quanto non erano state allegate visure catastali di terreni fabbricati in ambito nazionale dei coniugi DDMM/FF. Chiedeva, pertanto, un riesame della pratica. All’esito, l’Istituto, nonostante annullasse i motivi del precedente ricorso, non accoglieva la domanda motivando che “la prestazione in oggetto ha natura assistenziale ed è rivolta a sostenere i cittadini che si trovino in condizioni economiche disagiate e non appare rispondente a coloro che non versino in un effettivo stato di bisogno perché titolari di bene immobile diverso dalla casa di abitazione e che decidono volontariamente di tenerlo a disposizione – coniuge titolare di n. 2 appartamenti”. La sig.ra DDMM, proponeva, quindi, ricorso amministrativo al Comitato Provinciale, che veniva respinto stante la titolarità, da parte del coniuge, di un ulteriore immobile oltre la prima casa. Riteneva, per questo motivo, non sussistente lo stato di bisogno (poiché si è deciso volontariamente di rinunciare ad un proprio reddito pur essendo titolare di ulteriore immobile).

La stessa ricorrente, nel proprio ricorso introduttivo, affermava che il coniuge era effettivamente titolare di 2 appartamenti, di cui il primo adibito a prima casa, mentre il secondo concesso in comodato gratuito al figlio già dal 2009. A tal fine produceva in giudizio contratto di comodato gratuito (sottoscritto dal coniuge in favore del figlio MMM) e registrato presso l’Agenzia delle Entrate di FXX in data 23.05.2016 al n. XX serie 3 (all. 10), denuncia di occupazione di immobile del 08.07.2007 protocollata al Comune di MXX in data 10.07.2009 al n. XX (all. 11), nonché avviso di pagamento di tassa sui rifiuti (T.A.R.I.) per l’anno 2016 a nome del figlio FF MM  (all. 12).

La ricorrente, quindi, dimostrava di non ricavare/percepire alcun reddito da tale seconda abitazione intestata al coniuge, né di averne la piena disponibilità stante la presenza di un regolare contratto di comodato d’uso gratuito della stessa abitazione già dal 2009 (giusta dichiarazione di occupazione di immobile) e registrato nel 2017, nonché avviso di pagamento della TARI intestata al figlio MM.

Sul punto, l’art. 3 della L. 335/95, al comma 6, dopo aver stabilito i requisiti necessari per l’ottenimento dell’assegno sociale, dispone che “se il soggetto possiede redditi propri l’assegno è attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell’importo predetto, se non coniugato, ovvero fino al doppio del predetto importo, se coniugato, ivi computando il reddito del coniuge comprensivo dell’eventuale assegno sociale di cui il medesimo sia titolare . (…) L’assegno è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell’anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti.

Per quanto riguarda la concessione dell’assegno sociale, ed in particolare sulla compatibilità di altri redditi con tale trattamento pensionistico, la Corte di Cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 6570 del 2010, richiamata dal ricorrente, affermando, in sintesi, che in tale ipotesi non basta la mera titolarità. Secondo la Suprema Corte, infatti, ai fini della percezione dell’assegno sociale rileva l’effettiva percezione di uno o più redditi in misura tale da superare le soglie previste dalla legge e non già la mera titolarità degli stessi.

In particolare, con tale pronuncia, la Corte ha affermato che “è lo stesso legislatore, quindi, che collegando il conguaglio ai redditi effettivamente percepiti attesta che, agli effetti di cui trattasi, non è irrilevante la concreta “percezione” del reddito. Conseguentemente essendo il conguaglio stranamente connesso, non alla mera titolarità di un reddito, bensì alla sua effettiva “percezione”, è da ritenere che il reddito incompatibile intanto rileva in quanto sia stato effettivamente acquisito al patrimonio dell’assistito. (…) Ciò è, altresì, conforme alla stessa funzione “assistenziale” dell’assegno in parola che resterebbe frustrata ove si dovesse escludere il beneficio sulla base della mera titolarità di un reddito incompatibile senza tener conto anche della sua effettiva percezione”.

Lo stesso Istituto, nel messaggio n. 4424 del 8.11.2017, avente ad oggetto i requisiti reddituali e i chiarimenti normativi dell’assegno social, al n. 4 specificava che l’allegato 1 alla circolare 195/2015 (come sostituito dal msg 4023/2016) alla voce “rilevanza 7: Assegno sociale, art. 3, commi 5 e 6, della L. n. 335/1995 e s.m.i. “riporta, tra i redditi da computare ai fini del riconoscimento della prestazione, gli “altri redditi non assoggettabili all’IRPEF”. Con riguardo a tale tipologia di redditi, la giurisprudenza ha sottolineato che, ai fini del diritto all’assegno sociale, nel computo del reddito complessivo occorre tenere conto dei redditi effettivi di “qualsiasi natura”, dunque di tutte le entrate che permettono di verificare l’effettivo stato di bisogno nell’anno a cui il reddito si riferisce. In quest’ottica, l’intera entrata costituita dal ricavato della vendita di un immobile costituisce, per l’anno a ci si riferisce, un reddito inquadrabile tra quelli di cui alla voce “altri redditi non assoggettabili ad IRPEF”. Dunque, anche tale circolare sembrerebbe fare riferimento, ai fini della concessione di tale prestazione, all’effettiva percezione di un reddito derivante da una seconda abitazione e non solo dalla mera titolarità.

Nel caso che ci riguarda, la ricorrente provava di non percepire alcun reddito dalla seconda abitazione di proprietà del coniuge, essendo quest’ultima stata concessa in comodato gratuito al figlio già da diversi anni.

Sulla base di tali considerazioni e alla luce degli atti di causa, deve concludersi per l’accoglimento del presente ricorso.

Le spese di lite seguono la soccombenza, come da dispositivo.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, così provvede:

  1. accoglie il ricorso;
  2. accerta e dichiara il diritto della sig.ra DDMM a percepire l’assegno sociale a far data dalla domanda amministrativa, con maggiorazione e interessi legali sui ratei;
  3. condanna l’INPS alla refusione delle spese di lite liquidate in € 800,00, oltre IVA e CPA.

Cassino,  28 settembre 2XXX

Il GOP

                                                                                                          Dott. Giuditta Di Cristinzi

 

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