L’INTERVISTA di GIUDITTA DI CRISTINZI
BEPPE
COSTA
Beppe
Costa, ovvero Concetto Costa, è
un poeta, scrittore, editore e libraio italiano, anzi siciliano, classe “41, membro del Movimento dal
sottosuolo.
Ha pubblicato il suo
primo volume
di poesie
nel 1970, Una poltrona comoda, caratterizzato, come gli altri che
seguiranno, dai temi dell'amore e dall'anticonformismo. In seguito ha pubblicato due guide turistiche, una a livello locale, Catania,
Guida ai monumenti e l'altra a livello regionale, Sicilia,
Guida ai monumenti. Ha tradotto tre
libri del drammaturgo Fernando Arrabal,
ha conosciuto il poeta Dario Bellezza col
quale ha fatto letture di poesia e presentazioni
in giro per l'Italia, utilizzando ogni luogo disponibile: piazze, bar,
librerie, teatri. Il suo primo grande successo è stato Romanzo
siciliano, testo recensito dalla
stampa italiana, e prima pubblicazione
apparsa e recensita in America
sul World Literature Today. Ha collaborato
con alcuni giornali pubblicando articoli
sul Giornale del Sud e su I Siciliani, giornali diretti da Giuseppe Fava;
ha pubblicato sul Giornale di Sicilia interviste ad Alberto Moravia, Enzo Jannacci,
Léopold Sédar Senghor, Léo Ferré.
Ha partecipato al programma radiofonico di poesia di RadioRai Zenit
& Nadir. Nel 1985 ha
lasciato definitivamente la Sicilia. In
seguito ha pubblicato altre
raccolte di poesie e ricevuto numerosi premi.
Nel 1976 ha fondato la casa editrice Pellicanolibri, promuovendo nella sua attività di editore artisti schivi,
scomodi o emarginati.
D.
Tantissime attività a sfondo letterario le tue, Beppe. In quale ti identifichi
di più?
R. Sono
incastrate le une dentro le altre e, in fondo, si tratta di diffusione della
parola, tramite il libro e quindi, di conseguenza, tramite le librerie, che
stanno soffrendo in particolar modo.
D. Qual
è stata la tua formazione?
R. Ad
otto anni amavo già la musica e strimpellavo qualche strumento. Poi, quasi per
caso, ho letto Federico García Lorca,
scoprendo così la musicalità della lingua spagnola. Naturalmente in quegli anni
a scuola non si studiava l’inglese, ma solo il francese, quindi ho letto,
scoperto e cercato moltissimi autori di
questa lingua, come Reverdy, Prévert,
Rimbaud, Valéry, ecc.
D. A
quanti anni hai cominciato a scrivere poesie?
R. Proprio
ad otto anni, cercando la mia strada!
D. Da
cosa trai ispirazione? E’ sempre stato così? Come è cambiata la tua poesia
negli anni?
R. Da
ciò che mi circonda. Sono nato durante la guerra e dalle guerre mi sento sempre
circondato. Così come dall’amore felice o crudele, dalle ingiustizie, dalla
stupidità umana che vedo e sento attorno a me.
D. Come
concili prosa e poesia, cioè cosa per te significa l’una e cosa l’altra? Ci
sono temi che riesci a trattare meglio in poesia e altri in prosa o non è
questo il distinguo da fare?
R. Due
generi molto diversi, per la narrativa occorre essere totalmente liberi da ogni
impegno o preoccupazione, stilare uno schema e avere tempo, tanto tempo. La
poesia al contrario è un fulmine, uno spaccato rapido. Viene l’idea proprio per
ciò che ti circonda.
D. La
poesia è un mezzo di espressione più immediato? Quella moderna è più libera,
giusto? Non ha più le costruzioni e le costrizioni di una volta. Non c’è più metrica, rima,
regola… O tu le adotti comunque?
R. Cerco
il ritmo fra le parole che completano ogni verso, ciò che mi riesce meglio è
sempre la riga finale che è quasi sempre l’idea dalla quale parto.
D. Ma
anche se la poesia del terzo millennio è destrutturata, bisogna conoscere le
regole della composizione classica, magari per violarle, per non seguirle?
R. Bisogna
averla nel sangue. Le difficoltà non aiutano a scrivere, almeno durante il
dolore. Ma dopo, quando il dolore ti penetra e si concretizza, la poesia arriva.
Non deve
mai essere un diario della propria esistenza, deve entrare nella pancia dei
simili, colpire per rimanere, divenendo proprietà di chi legge. Molta poesia di
oggi non ha senso. Serve forse per sentirsi partecipe di qualcosa che abbia a
che fare con l’arte. Se non si è perseguitati
o sofferenti dentro, sarà difficile
descrivere un sentire universale.
D. Come
si è evoluta la tua arte negli anni? Se dovessi fare un bilancio cosa potresti
raccontarci?
R. La
mia curiosità mi ha portato a cercare ciò che mi appariva avere la mia stessa
solitudine ed è stato così che ho incontrato una serie infinita di persone,
anche famosissime che avevano però nella vita privata infinite storie dolorose.
Le ho spesso riconosciute dalla loro semplicità e umiltà. Senza mai sentirmi
inferiore, neanche a 14 o 15 anni.
D. Tu
sei stato anche romanziere, giornalista,
editore. Dunque si vive di letteratura
in Italia o no?
R. No,
direi di no. Il peggio e il raccomandato avanza. Non
saremmo ridotti così anche se sembra
essere quasi una tradizione: coloro che possiamo definire grandi artisti,
vengono scoperti all’estero, o devono emigrare e, ancora di più, morire. Anche
se i funerali ormai durano pochi minuti, per cui non si tramanda molto. Quanti
sanno oggi chi è Moravia o Gilberto Govi per dire solo di due nomi
celeberrimi?
D.
Esiste un’opera alla quale sei più affezionato, quella del cuore?
R. No, o
almeno non me ne rendo conto.
D.
Scrivi sempre, vero? Per un vero scrittore scrivere è come respirare. Non si
smette mai fino alla fine. A cosa stai lavorando adesso?
R. Non
smetterò neanche dopo la morte. Spero di riuscire in questi ultimi anni ad
avere una scrittura più serena che mi faccia accettare la morte di così tanti
bambini o questa orribile violenza contro le donne, attuata da mariti o
compagni ma, credo, che non mi ci abituerò mai. Perché non spostare tante
milizie che temono l’ISIS a guardia e controllo serrato dei cattivi compagni?
In fondo il terrorismo è molto meno pericoloso di un marito arrabbiato e violento,
no?
D. Hai
vinto tantissimi premi. Qual è
quello più rappresentativo, quello cui sei affezionato di più?
R. Nessuno, credimi. Ho
avuto pudore e comunque sono quasi sempre alla carriera e dati con estrema
delicatezza e senza fronzoli. Da oltre 40 anni non partecipo a nessun premio.
Grazie mille, Beppe, un
uomo e un poeta eccezionale, dal grande animo, e tanti tanti auguri per il prosieguo della
tua attività letteraria tutta dal team GEArtis!
(NdR) Di seguito i premi
vinti da Beppe:
·
Premio Ragusa, libro siciliano dell'anno, 1984
·
Premio Akesineide, 1987
·
Premio Alfonso Gatto, 1990
·
Premio Città di Ascoli, 1992
·
Premio internazionale di poesia "Il Delfino d'Argento",
Nettuno, 1992
·
Premio Joppolo, 1997
·
Premio Ciak per la poesia (Castel S. Angelo, Roma), 2008
·
Premio Iceberg News per parole Teranova Festival (Villa Medici,
Roma), 2008
·
Premio alla carriera a "La Befana del Poliziotto 2009" Teatro Orione
(Roma)
·
Premio
internazionale Città di Ostia: alla Carriera[22], Roma 2012.
·
Premio alla Carriera al Nettuno PhotoFestival[23], Nettuno 2014.
·
Premio Naim Araidi alla carriera, MonigArt Festival, settembre
2017
Giuditta Di
Cristinzi