Ne ho letti di libri complicati e/o lunghi, come ad esempio La Bibbia, Il nome della rosa, Jane Eyre, Orgoglio e pregiudizio, I fratelli Karamazov, tomo di circa mille pagine inframmezzato di nomi russi quasi impossibili da ricordare, ma nessuno mi è sembrato tanto ostico quanto MOBY DICK, il capolavoro di H. Melville scritto a metà dell'Ottocento, in cui l'autore, con esperienza personale di caccia alle balene, narra la storia della disperata caccia del comandante mutilato Achab al grande e aggressivo cetaceo bianco, quale gesto riparatore e di vendetta, per esserne stato mutilato di una gamba anni prima.
La narrazione è lunga (pag. 641 in un'edizione CLASSICI di Feltrinelli a cura di Alessandro Ceni) e ostica, ma a tratti anche passionale e appasionante.
Moby Dick è un capolavoro americano, espressione della American Renaissance (Wikipedia), un dramatic romance, una romantic novel (A. Ceni), un romanzo che pare un trattato sulle balene e sulla caccia oceanica ai grandi cetatei. E' un poema moderno che narra il conflitto tra l'uomo e la natura, un conflitto cui assistiamo anche noi, ogni giorno in altre forme, una guerra che ha sempre lo stesso canovaccio e lo stesso epilogo: l'uomo che aggredisce la natura per sfruttarla, per servirsene, la natura che si offre prodiga e che, superato un certo limite, si ribella, azzanna e vince, facendo vittime, seminando dolore, ristabilendo l'equilibrio originario.
Il libro consta di premessa ed epilogo, di etimologia e di circa 50 pagine di note in quanto è pieno di termini tecnici ignoti ai più. Nei 130 e oltre capitoli che lo compongono, Melville enumera le fonti, introduce, presenta il narratore ISMAELE, descrive il pittoresco ramponiere Queequeg, la baleniera Pequod, tutto il colorito equipaggio e il terribile capitano che definisce più volte folle e monomaniaco. Ma allunga anche terribilmente il brodo dedicando interi brani al Ramadan, alla rotta, alla cetologia, alla mensa, al colombiere, al cassero, alla bianchezza della balena, al pagliaro, allo scalcamento e così via.
In tutto questo lungo e aspro narrare ci sono pagine mirabili e il protagonista e sempre l'uomo e i suoi conflitti, tensioni così forti da consumare una vita intera in un soffio.
Di recente sull'argomento balene, ho letto un bell'articolo di Marco Belpoliti, su Repubblica, che teorizza che anche il mostro ha bisogno di carezze. Riporto quasi pedissequamente.
"Le balene sono animali ancestrali, risalgono a 35 milioni di anni fa e conservano nei loro aspetto qualcosa dei loro antenati che navigavano nell'antico oceano di Tetide. 15 milioni di anni prima le balene sono tra i cetacei più diffusi negli oceani, noti per le loro migrazioni. E per vivere in acque calde e poco profonde adesso sembra si facciano toccare dagli umani. Un vero miracolo se si considera che dal '700 in poi, per circa due secoli, sono stati oggetto di una caccia spietata. Ucciderlo è stato un delitto dal momento che questi mammiferi marini possiedono una rara intelligenza, una memoria, molto sviluppata e probabilmente un linguaggio con dialetti e sotto lingue. Ma furono uccise a migliaia, forse un milione squartato dalle navi di tutto il mondo per ritrovare il prezioso olio con cui si alimentavano le lampade per l'illuminazione pubblica e privata dei secoli trascorsi".
Tra quelle navi c'era anche il Pequod capitanato dal terribile ACHAB!
(Moby Dick o La balena (Moby-Dick; or, The Whale) è un romanzo del 1851 scritto da Herman Melville. È considerato un capolavoro della letteratura americana della cosiddetta American Renaissance.Fonte Wikipedia).
Insomma, lo consiglio, ma solo a lettori coraggiosi, perchè la caccia alla balena e molto rischiosa!
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