Ieri mattina ero allo studio a lavorare, quando una mia collaboratrice è entrata e mi ha detto che c'era una signora che cercava un avvocato, se volevo riceverla o se doveva rinviarla al pomeriggio a Claudio (non amo ricevere clienti, non amo perdere tempo quando sto facendo un'altra cosa, faccio pochissimo ormai la libera professione, il mio impegno lavorativo prevalente è quello di GOT, ...).
Mi compenetro però nelle esigenze di una persona che si scomoda da casa sua per andare in uno studio legale e dico di far passare.
Entra una giovane donna, praticamente una ragazza con un cappello nero che le incorniciava il viso e una bambina, sua figlia, con le treccine e il visetto sveglio.
- Prego.
- Volevo chiedere una cosa. Si esprimeva a stento.
- Mi hanno chiamato i Servizi Sociali perché, quando è nata la bambina è risultata positiva, ... io facevo uso...
- Di sostanze?, chiedo io, colpita dal fatto che la signora parlasse apertamente di queste cose davanti alla figlia.
- Mi stanno facendo fare colloqui e visite psichiatriche... io non voglio... ho paura...
- Che te la tolgano, faccio io passando al "tu". (Non so perché ogni volta che abbiamo a che fare con gli indifesi, i deboli, gli "sfigati", gli extracomunitari, abbandoniamo il "lei" e diamo del "tu").
Abbiamo continuato a conversare, ho dato i miei pareri, i miei consigli. Ho offerto le caramelle che ho sempre in una ciotolina d'argento nello studio alla bambina, che le ha prese e scartate quasi tutte, senza che la mamma le dicesse "Non si fa", ho appurato che la bimba aveva l'età per frequentare la prima elementare ma che non andava a scuola e, mentre parlavo, continuavo a guardare come incantata quella ragazza dalla voce tremolante, dalle mani magre, dal viso bellissimo.
Mi rattristavo a pensare come una donna così giovane e bella avesse potuto rovinare la sua vita.
Mi ha chiesto ancora cosa potesse fare per avere gli alimenti dal papà della bimba.
- L'ha riconosciuta?
- Sì.
- Lui cosa fa? Non state più insieme?
- No, siamo stati insieme circa 18 anni. E' in carcere.
"Figlia mia e che puoi fare?", ho pensato io. "Mamma drogata, in passato e forse ancora, chissà, di certo non lo direbbe a me, padre in galera, povera bimba."
Alla fine della conversazione sono andate via con l'intento di ritornare e di portarmi documenti.
La ragazza mi ha salutato a stento, forse delusa, forse confusa, senza dire neanche "Quant'è?" (ovviamente non importa perché comunque avrei detto "Nulla").
E' chiaro che i Servizi Sociali debbano operare, indagare e accertare l'idoneità dei genitori, ma dispiace, dispiace tanto che si creino queste situazioni.
Che la piccina resti con la mamma in difficoltà, che venga trasferita in una casa famiglia, che venga affidata ai nonni se idonei o a una famiglia estranea, comunque la piccina è nata sotto una cattiva stella. Spero davvero la situazione possa risolversi nel migliore dei modi.
Ho pensato a quella ragazza tutto il giorno...
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