I social hanno praticamente invaso la nostra vita.
Facebook, Instagram. Linkedin, Twitter, Whatsapp, dai più popolari ai meno usati, la fanno da padrone.
Ci rubano tempo, ci ossessionano, ci permettono di essere perennemente on line, sul pezzo, in contatto, connessi, collegati e il telefonino, che è lo strumento attraverso il quale più vi accediamo, è diventato una nostra di nostra prolunga, una longa manus, guai a separarcene, un dramma se si scarica e non abbiamo il caricabatterie a portata di mano.
Io per prima, faccio mea culpa, ne faccio un uso eccessivo, a volte smodato. Il telefonino lo uso continuamente, non solo per telefonare o chattare, cioè messaggiare con familiari e amici, ma anche per fare ricerche su internet alla minima curiosità, al minimo dubbio (e che bello! Prima dovevamo tornare a casa, prendere l'enciclopedia mai aggiornata, cercare, ...), per controllare le mail, per vedere le immagini di chi seguo su Instagram, per gustare le cosiddette storie, per seguire le tendenze su Twitter, per avere gli aggiornamenti sui miei amici di Facebook.
Spesso mamma, Claudio e i ragazzi (non si rendono conto che fanno esattamente lo stesso se non peggio) me ne fanno una colpa.
Insomma sui social si potrebbero scrivere libri e trattati.
Io invece stamattina voglio solo fare una piccola annotazione. Ognuno usa i social come crede, ma noto delle stranezze, delle incongruenze: alcuni se ne quasi vergognano, controllano Facebook dagli accounts dei figli, dei coniugi, dei familiari; altri hanno un account ma con uno pseudonimo (ma perché mi domando, c'è da vergognarsi?, per timidezza?), altri ancora li usano solo per curiosare, osservano tutto, non postano nulla, non fanno commenti, non mettono mi piace; altri ancora, e sono secondo me i peggiori, maliziosi e un bel po' antipatici, postano e stanno lì a contarsi i likes ricevuti, a notare e a puntare chi non lo mette, gongolano quando ne ricevono parecchi, ma non mettono a loro volta i likes sotto i posts degli amici neanche sotto tortura. Come ve lo spiegate?
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