Nel mio buen retiro casalingo causa Covid, scopro me stessa e il bello della solitudine,
quella feconda, in cui ci si ritrova, non quella che fa paura. La solitudine non deve riempirsi di troppi pensieri, quelli fanno male e distorcono sempre, ma di vuoto, di sensazioni, di consapevolezza e, nel mio caso, di voglia di fare cose materiali. L'altro ieri ho pulito il cotto attorno casa,
oggi l'ho lucidato e ho verniciato sedie e poltroncine.
Mi diverte molto fare questi lavoretti.
Quando ero piccola, veniva sempre da noi a imbiancare un vecchio pittore amico di nonno Camillo, don Antonio Piccirillo, isernino vissuto a lungo a Napoli, con un marcato accento partenopeo e la moglie napoletana (mi pare si chiamasse donna Elvira).
Don Antonio aveva tre figli maschi, radi capelli brizzolati, baffi e unghie lunghe sempre macchiate di pittura. Mi ricordo che mi colpivano molto e restavo a guardarle. Ebbene, lui usava i vari colori pastello che andavano di moda allora, rosa, celeste, verdino e chiamava ogni colore con il nome più tecnico e appropriato (giallo ocra, verde salvia, azzurro cielo, rosa confetto, verde acqua, penicillina, ...). Io mi incantavo e gli chiedevo sempre il pennello per colorare anch'io. Lui mi accontentava, intingeva il pennello più piccolo, lo scolava bene e mi faceva "pittare". Mi divertivo da morire, mi sentivo grande, importante. E adesso non mi pare vero che posso dipingere come mi pare senza chiedere il permesso a mamma, posso sporcare e anche far danno, tanto che fa? In realtà, sono un bel po' pasticciona!
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