FEBBRAIO 2019
Lo scorso week end sono stata ad Amsterdam, col mio amore, il mio abituale compagno di viaggi, per festeggiare i nostri compleanni, il 7 io, l'11 lui.
Lo scorso week end sono stata ad Amsterdam, col mio amore, il mio abituale compagno di viaggi, per festeggiare i nostri compleanni, il 7 io, l'11 lui.
Eravamo già stati nella cosidetta Venezia del Nord (ma trovo ingiusta questa definizione, non si può definire e neanche solo parlare di una città, di una persona, di una cosa, riferendosi ad un'altra senza farle un torto, senza tradire la genuina natura e l'essenza di quello di cui si vorrebbe dire), capitale dell'Olanda, un paese europeo tanto diverso dal nostro, nordico, fresco, ordinato, pulito, con diverse tradizioni culinarie, culturali, politiche e religiose, patria della mia amica Maggie Van der Toorn, scrittrice, animatrice culturale, presidentessa di GEArtis, poliedrica donna di origini olandesi, come suggerisce l'inequivocabile nome, trapiantata felicemente qui da noi in Italia, nel paese del sole, della cultura mediterranea, dell'accoglienza, della buona tavola.
Ebbene, nelle visite precedenti avevamo girato in largo e in lungo per la città (con puntatine all'Aia, capitale politica, e a Delft, famosa per produzione delle deliziose porcellane bianche con decori blue China), facendo tutte le cose "prescritte", cercando di vedere i monumenti più importanti e consigliati, e dunque il bellissimo Van Gogh Museum, uno dei musei più belli della città, sito accanto al Museo Stedelijk, dedicato all’arte moderna e contemporanea.
Il Van Gogh possiede la più ampia collezione di dipinti del pittore cui è intitolato e in realtà, è ben più che solo un museo, è un viaggio nella vita del
pittore, attraverso le emozioni e le evoluzioni che lo hanno portato a
modificare nel tempo la visione del mondo e il modo di
ritrarlo e ritrarsi continuamente in sofferti autoritratti nei quali pareva voler gridare al mondo di esistere. (Ho letto che Vincent era stato concepito dai genitori solo perchè questi avevano perso un figlio. Straziati dal dolore per la perdita innaturale, ebbero un altro bambino, cui imposero il nome del figlio premorto, negandogli, pare, forme di sincero e autentico affetto, autonomia, autoaffermazione, identità. Un'ombra dunque, il giovane si trovò ad essere l'ombra del fratello, ne soffrì, come si può capire leggendo la sua biografia).
Avevamo fatto un bel giro per le vie della città su una bicicletta nuova di zecca noleggiata in hotel, e l'avevamo ammirata anche dal basso a bordo di uno dei tanti battelli turistici, navigando tra le le sponde e attraversando i ponti, l'uno dietro l'altro.
Avevamo attraversato più volte Piazza Dam, grande, estesa, aperta, percorsa da tram, bus e biciclette.
La bella piazza è il cuore pulsante della città, animato da turisti, pedoni, mercatini e artisti di strada che in ogni periodo dell’anno affollano questa enorme area acciottolata.
Sulla piazza si affacciano il Palazzo Reale (Koninklijk Paleis), la Nieuwe Kerk (letteralmente “Chiesa nuova”, per distinguerla dalla Oude Kerk, la “Chiesa vecchia”), il Nationaal Monument (un obelisco di 22 metri per ricordare i caduti della Seconda Guerra mondiale). (Una curiosità: “dam” in olandese significa diga. Proprio qui era stata eretta una diga per dividere il fiume Amstel dallo Ij. Ecco com’è nato il nome della città.
Avevamo visitato il Rijksmuseum che ospita dagli inizi del 1800 la più grande collezione di arte fiamminga del mondo ed è uno dei Musei più grandiosi della città, con un’architettura elegante. Lì, anni fa (ero incinta del mio secondogenito Ale), ci eravamo incantati dinanzi al famosissimo quadro “La ronda di notte di Rembrandt”. L’edificio del museo si presenta elegante e maestoso da trascinare il visitatore nell'atmosfera dell’arte fiamminga.
Amsterdam è arte a tutto tondo e accanto all'arte più classica, c'è da vedere anche lo Stedelijk Museum, il museo d’arte moderna e contemporanea di Amsterdam, in cui sono esposte opere di Picasso e Chagall, della Pop art e del Design industriale.
Questa volta invece abbiamo voluto solo perderci nel ritmo della città, dimenticando i nostri tempi, il lavoro, l'orologio, la famiglia e tutto quello che avevamo lasciato a casa.
Il tempo a disposizione era veramente poco per poter programmare grandi cose. Toccata e fuga.
Ci siamo fatti semplicemente trasportare dal caso, abbiamo camminato incessantemente, esclusivamente a piedi, un passo dopo l'altro, forse decine di migliaia di passi, chilometri, senza accusare alcuna stanchezza, facendo pause ove ne avevamo voglia.
Siamo arrivati venerdì sera con un volo economico di Easy Jet da Napoli Capodichino, molto comodo per noi che viviamo a Venafro, all'aeroporto di Schipol. Da lì è stato semplice arrivare in centro, alla Centraal Station precisamente, anche per noi vegliardi che non parliamo troppo bene l'inglese: due biglietti del treno (sola andata) per € 11.00 complessivi e abbiamo preso il vagone che dopo tre fermate ci ha portati dritto nel cuore della città.
A piedi, sotto una pioggerellina insistente e un freddo vento sostenuto, siamo arrivati in hotel, il Double Tree Hilton, bello e comodo, ove ci hanno accolti con il dono dolce di due cookies al cioccolato.
Il tempo di posare i bagagli e ci siamo mossi subito, indossati sciarpe e cappelli, verso il vicinissimo centro storico: un canale dopo l'altro, una strada dopo l'altra, concentrici, come ad avvolgere un nucleo prezioso, come le volute di una chiocciola -arrotolata su se stessa a proteggere il centro, che si apre e si dipana verso il mondo esterno.
Centinaia di giovani, turisti e locali, personaggi alternativi, decine di localini, ciclisti assatanati e veloci, nel centro si può trovare di tutto: birrerie, caffè, pubs irlandesi, ristoranti italiani per pasta e pizza, grill argentini, cucina etnica, indiana, asiatica, in particolare cinese, giapponese, indocinese (vecchia colonia), pasticcerie, cucina tipica olandese ovvero duch (zuppe di piselli, carne, formaggio, aringhe affumicate).
Noi abbiamo scelto THE CRAMP, per un menu esclusivo a base di pesce caldo e freddo.
Dopo la cena nel ristorante rifinito con piastrelle come fosse stato una semplice pescheria aperta sul porto (dove la mia curiosa attenzione è stata calamitata da una improbabile coppia di mezza età, nordica e alta due metri lei, bionda, ricciola, leziosa nonostante i più "anta", con occhiali in punta di naso, tacchi altissimi argento open toe, abito rosso fiammante con olbò sul retro e cardigan lungo ai piedi adagiato sulle spalle e mo' di soprabito; di colore lui, basso, brizzolato, stazzonato, panciuto, anomimo. Erano seduti l'uno di fronte all'altra, attirando non solo i miei sguardi, si toccavano le dita, si guardavavano, hanno ordinato e mangiato aragosta, poi si sono immersi ciascuno nel proprio telefonino. Alla fine si sono alzati (lui con la camicia tutta impataccata di olio) e sono scivolati nella notte, in chissà quale alcova, in un abbraccio (forse prezzolato) che ho immaginato occasionale, nella città alternativa della trasgressione, ove tutto è permesso e nulla stupisce o dovrebbe.
Intanto noi, invece, rassicurati dal nostro vecchio e convenzionale amore coniugale, lungo ormai un quarto di secolo, siamo entrati nel pieno del quartiere a luci rosse, dove decine di donnine in vetrina ammiccavano ai possibili clienti, spesso aprendo le porte dei bordelli, per invitare i più timidi avventori a entrare. Belle, brutte, giovani, magre, alte, basse, nordiche, mulatte, abbondandi, con occhiali, in due pezzi, in calze a rete, in negligè, tutte truccate più o meno pesantemente, la varia umanità del mondo della notte si offriva variegata ai turisti stupiti o in cerca di evasione, di gioco, di trasgressione e di iavventura.
Ma io non posso non riflettere. Non ci riesco mai, nemmeno quando sono in vacanza, neanche di fronte a una dimensione ludica. Per questo, mentre passeggiavo sotto braccio a Claudio, le guardavo e mi chiedevo come delle figlie di famiglia avessero potuto finire lì. Drogate?, costrette?, studentesse?, in cerca di un altro lavoro? o semplicemente spregiudicate, spensierate al contrario di me?
Chi, pensavo, da bambina vorrebbe fare la prostituta? Chi si vorrebbe mettere a viso aperto, nudo, senza filtri, in una vetrina a dire "per vivere vendo addirittura me stessa"?
Mistero, per me è un mistero, ma si sa l'umanità è troppo varia per etichettare e per stupirsi.
L'uno dietro l'altro anche i coffee shop, affollatissimi da giovani, e i negozi che vivono attorno al fenomeno della liberalizzazione delle droghe "leggere" propinando cookies alla marjuana, cioccolata, calamite, succhi, lecca lecca, souvenirs, ogni cosa che rimandi alle "sostanze" e al gusto di....
Il mattino dopo abbiamo ripreso la nostra passeggiata senza meta per le vie del centro, abbiamo fatto colazione in un negozietto, una sorta di panificio olandese, dove io ho preso un cornetto ricoperto di cioccolato, abbiamo vagato tra i banchi di un mercato alimentare e in molte botteghe che vendevano formaggi. Li adoro. Ne ho assaggiato tanti tipi, stagionati, freschi, alle erbe, fermentati, affumicati, e ne ho comprato un po', sebbene dubbiosa sulla libertà di trasporto in aereo. A pranzo abbiamo mangiato in un ristorante olandese la classica zuppa verde ai piselli, con crostini di pane e pezzetti di wurstel. Buona, e tutto sempre annaffiato da una bella birra fredda locale.
Nel pomeriggio, instancabili e anestetizzati dalla bellezza e dal senso di fuga ed evasione, abbiamo continuato a camminare, attraversato uno dei tanti mercati dei fiori (bulbi di tulipani a iosa), e abbiamo raggiunto la casa di Anna Frank, ove siamo entrati per una pausa caffè e una rispettosa, emozionante, toccante, pietosa visita.
Come hanno fatto otto persone a vivere durante il regime rinchiuse in pochi metri per due anni? Come sono stati scoperti? Chi li ha denunciati? Anne voleva diventare una famosa scrittrice, bene ci è riuscita!
(Aliunde: "La storia di Amsterdam si intreccia con la storia d’Europa e con i tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale. Alcuni edifici e luoghi della città, sono testimonianza di quel periodo di orrore e guerra. La Casa di Anna Frank (riconoscibile dalla fila che ogni giorno si forma all’entrata e che
si snoda lungo il canale su cui si affaccia. E' un
luogo carico di storia e di emozione. Oltrepassando la libreria girevole
che porta al nascondiglio della famiglia Frank si fa un salto temporale
e si vive per un secondo dentro il suo diario. Se si vuole evitare la folla dei turisti, si può prenotare la visita on line)
La passeggiata è ripresa verso l'hotel per una pausa prima della cena. Ma lungo il percorso, mentre Claudio gustava una birra in un Guinness pub, io ho fatto un massaggio cinese, bello energico, in uno dei tanti negozi ad hoc aperti sulle strade centrali della città. (Non sono riuscita a farlo al Marin, sala massaggi più famosa e troppo affollata e ho scelto un posticino anonimo che comunque mi ha lasciata rilassata, unta e soddisfatta.)
Dopo la pausa, ci siamo tuffati ancora nelle vie del centro e abbiamo scelto per la cena un ristorante argentino in cui abbiamo mangiato una carne succulenta, io un filetto al sangue, Claudio una entrecote, con baked potato alla salsa all'aglio, pane al burro, vino rosso Mendoza argentino e musica di sottofondo. il locale non era elegante e le recensioni che ho trovato poi su TripAdvisor non erano lusinghiere, ma io sono stata di diverso avviso: mai mangiato carne così tenera, squisita, ben cucinata in vita mia. Merito delle pampas sudamericane o della buona compagnia di mio marito, della voglia di evasione e del buon vino?
Non lo so. Importante è stato il risultato: dieci e lode!
Dopo la cena e un drink in un bar in cui abbiamo assistito ad una agguerrita partita a biliardo tra due ragazze, siamo andati a nanna, per risvegliarci domenica rilassati ristorati ricaricati. Giusto il tempo di una colazione ricca (yogurt olandese, crema alla fragole, frutta secca e cereali, cappuccino e cheese cake) che era già tempo di ripartire per casa, verso i doveri familiari e lavorativi che oggi però sembrano più leggeri.
Viva l'Olanda, paese dei mulini e dei fiori! Viva Amsterdam! Viva i viaggi e l'altrove!
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