Mamma e Iva, le persone più buone che conosca |
Mia mamma mi ha insegnato (e tutti gli insegnamenti che mi ha dato mamma mi sono stati inculcati praticamente col trapano, a vivo nel cervello, con ripetizioni frequenti!) che LA PAROLA E' D'ORO, IL SILENZIO E' D'ARGENTO, che LA LINGUA NON HA OSSO E OSSO ROMPE, eccetera eccetera.
Questa pratica, molto silenziosa, ben pensante e diplomatica è stata sempre applicata anche dalle mie sorelle Adriana e Iva, educate, garbate, silenti.
Insomma a casa mia, la mia vecchia casa, si crepava piuttosto che far storie, storie con chiunque, per cose veniali o per cose importanti che fossero.
Anche nonna Giuditta la pensava così. Esprimeva un pensiero simile (anche se afferente altro) col dire, in dialetto, che LA PACE S'ACCATTA, la pace si compra, ovvero per aver pace ci si deve rifondere in termini materiali, ma anche col silenzio, rinunciando un po' a far valere le proprie ragioni.
Insomma una famiglia all'antica la mia, morigerata, di sani principi e piena di saper vivere.
Ma io spesso mi domando, va bene questo modo di fare? Va bene per me? Devo sempre tacere di fronte a comportamenti altrui che non mi piacciono, mi nuocciono o mi fanno soffrire? Meglio chiarire e rischiare di rompere i rapporti o meglio sopportare in silenzio e tacere?
L'insegnamento ricevuto confligge col mio istinto, con l'esigenza di chiarezza del momento, spesso sono combattuta e comunque -se devo dire una cosa sgradevole- faccio fatica a trovare modo, tempo e parole. Non ho una comunicazione assertiva, mi faccio infinocchiare dall'interlocutore (strano, eh?) e poi, lo so, sono terribilmente prolissa, perché spiego, discetto, coloro, motivo, ... invece con certa gente ci vogliono le stilettate, due parole, ben assestate e stop.
Ma imparerò, ci sto lavorando e riguardo al dubbio in generale, silenzio o parola, alla fine, ho deciso: in medio stat virtus come sempre, bisogna esprimersi ma con garbo.
Il silenzio assoluto garantisce la continuazione dei rapporti senz'altro, ma un po' finti, e intossica chi ritiene di aver subito un torto ingiusto.
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