S’era innamorato della sua
segretaria, una cosa brutta, secca e con gli occhiali.
Dovevo reagire, dovevo andare
avanti, dovevo farcela da sola, fingendo di non aver accusato il colpo.
Passai davanti a Scaturchio e
comprai un vassoio di pastarelle assortite da portare a mia nonna, così dissi.
Rincasai, feci volare via scarpe, calze e paltò e mi buttai sul letto con tutto il vassoio.
Rincasai, feci volare via scarpe, calze e paltò e mi buttai sul letto con tutto il vassoio.
Aprii l’incarto –che profumo!- e
afferrai una sfogliatella.L’annusai, che aroma inebriante! L’addentai, che
croccantezza sfiziosa! L’assaporai, che ripieno sublime!
Guardai di nuovo il vassoio.
Mi stava antipatico un babà, presuntuoso, impettito imponente, succoso.
L’afferrai e ne feci due bocconi, che aroma, che bontà, che supplizio, che nettare quel bagno dolce e leggero di zucchero e rhum. Trangugiai, inghiottii, mandai giù veloce.
Mi stava antipatico un babà, presuntuoso, impettito imponente, succoso.
L’afferrai e ne feci due bocconi, che aroma, che bontà, che supplizio, che nettare quel bagno dolce e leggero di zucchero e rhum. Trangugiai, inghiottii, mandai giù veloce.
Implacabile passai a giustiziare
una crostatina alle fragole di bosco. Sfacciata, con quel visetto tinto di
rosso, lucida e liscia di fresca gelatina, con sotto quella
crema morbida e leggera, dolce e spumosa, golosa e ricca eppure delicata e per
finire quella pasta brisé dorata, fine, sbriciolosa, friabile. Mmmm, che voluttà! Occhi, mani, bocca, una cosa sola. E anche la crostatina volò giù.
Dopo mesi di stenti, di fame, di
carestia, di languore e astinenza, quel cretino m’aveva lasciata. Dunque, non
sarei stata mai abbastanza magra per lui, allora meglio mangiare.
Ma la mia non era fame, era
rabbia, era vendetta, era ingordigia, era voracità e desiderio di pienezza.
Ne avevo diritto. La mia
ghiottoneria mi spinse ad afferrare una pastierina. Che carina era, piccola,
aggraziata, spolverata di zucchero a velo sopra una trama fitta di frolla sottile e un
ripieno tenero e aromatizzato di grano, canditi e ricotta fresca, che fragranza!
Ma non era da meno un cestino di struffoli. Contro tempo, tutti uguali, dorati, fritti a mestiere, croccanti, mielati, aggiustati con confettini e canditi. Perché dir loro di no!?
Ma non era da meno un cestino di struffoli. Contro tempo, tutti uguali, dorati, fritti a mestiere, croccanti, mielati, aggiustati con confettini e canditi. Perché dir loro di no!?
Intanto la sfogliatella frolla mi
guardava di sottecchi offesa, perché la riccia sì e io no?, sembrava dicesse.
Quella bella sfogliata bionda e semplice, affatto monotona rispetto alla vanesia e arzigogolata cugina, aveva capito tutto della via. Lei mi voleva e mio marito
no. La raccolsi, la baciai e la ingollai. E un rutto grato salì subito su a far
festa.
Basta, mi dissi, basta per oggi.
Le finirai domani e lui faccia quel che vuole, ma il ministeriale severo e
fondente mi guardava in tralice, il suo ripieno scioglievole, segreto e liquoroso tutto s'agitava.
Dovetti accontentarlo e così fu per l'austera millefoglie mitigata dalla ghiotta crema
pasticcera che mi chiamò a sé. Cedetti stremata. Intanto una zeppolina di san Giuseppe, non paga di onorare il santo, timida, nell’angolo, ancor più faceva arrossire la sua
ciliegina per tentare di palesarsi. E io la vidi e l'accontentai.
Ero sazia, mai tanta abbondanza,
la mia bramosia era finita, la voracità placata, la fame sedata, quando una vocina che pareva
fritta, quella della graffa tutta unta e zuccherata, disse non voglio restare
sola sola.
E allora via, la presi e deglutii senza pensare neanche più a mio marito dal
quale, pessimo, m’avea salvato tanto dolce golosità!
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