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martedì 10 marzo 2020

PER LA SERIE: I MIEI RACCONTI TALEBANA D'AMORE


TALEBANA D’AMORE

La sveglia trillò puntuale ed inquieta sul mio comodino. La spensi subito per non  svegliare Nicola e andai in bagno a prepararmi. Accesi il cellulare e feci uno squillo a Rossella che, stranamente, rispose subito.
- ,  sveglia!?-
- Sì, sveglia e carica, cara. Passo prenderti tra venti minuti. Preparati e scendi giù.-
Ross mi aveva convinta, mettendo in campo tutte le sue innate doti di tenace rompiscatole, insistente ed  ossessiva, a fare questo “folle” weekend a Parigi. Per la verità, all'inizio, ero stata molto perplessa. Prendere un giorno di ferie, organizzare la casa, lasciare Nicola solo con i ragazzi in un periodo di superattività,... Ma alla fine lei e  le sue ragioni, che poi erano le mie, avevano avuto il sopravvento. Io ero stanca, spenta, stufa di occuparmi di casa, lavoro, famiglia, mamma. Nicola era sempre più distante ed egoista. Lui, il lavoro e il golf. Forse non tutti sanno che ci sono le vedove bianche del golf, le povere mogli dei golfisti, più povere di quelle i cui mariti giocano a carte o a calcetto o stanno per ore al bar. I golfisti sono dei veri stronzi, degli uomini tignosi che pensano ai tiri anche quando sono in bagno, che all'improvviso si alzano e vanno a provare un blaster in terrazzo o nel giardino di casa; che, una volta entrati nel mondo di questo sport vampiro, assoluto, totalizzante, non ne escono più;  uomini in gara con se stessi, fino alla fine, un record su quello precedente. Nicola credeva di sapere come giostrarsi tra me ed il golf, in un esercizio di equilibrismo costante; si illudeva  di sapere fino a che punto potermi trascurare. Ma non aveva capito un tubo. Ed io, prima di imboccare il viale senza uscita del divorzio da golf, avevo accettato l'invito di Rossella.   Scesi giù e la trovai alla guida della sua 500, pronta a partire per l'aeroporto.
- Ciao, dai  sali, non vedo l'ora... –
- Ross, mi fai rabbia, sai. Ma che cavolo pensi di fare, cosa vuoi trovare a Parigi?
È un semplice weekend, solo due giorni di riposo, di evasione dalle solite cose. Ma non  siamo più delle ragazze.-
- Laura, vuoi la verità? Non lo so cosa cerco, cosa m'immagino, cosa faremo. So solo che sono stufa. Non ce la faccio più. Devo evadere. Sono venti anni che ho archiviato me stessa, i miei  pensieri, le mie emozioni, i bisogni più intimi. Non  posso continuare così. Figli, casa, spesa, lavoro. Roberto è diventato insopportabile. È sempre stato quel che è stato. Egoista, strafottente, superficiale, sfuggente, ma ora sta esagerando. Entra ed esce di casa, non una parola, non un'attenzione, che so, un regalo, un fiore, un pensiero qualsiasi per me. Ormai dà tutto per scontato. Certo non gioca a golf come Nicola, ma è lontano, assente. Non so se ha un'altra, ma comunque è  troppo concentrato su di sé. Forse è il tempo che corre via, settimane che passano in un giorno, i 50 che si avvicinano. Allora giù con palestra, integratori, insalate, omega 3. A volte non lo riconosco, non ha mai fatto sport in vita sua.-
Rossella, al solito, come un fiume in piena, continuò sciorinare tutto quello che io sapevo già memoria e che, in qualche modo, affliggeva anche me. Un matrimonio appiattito, un marito egoista e poco attento, i figli e i mille impegni che ci avevano espropriato di una vita nostra. Non aveva torto, ma non eravamo più le ragazze di un tempo. Io ero cambiata più di lei. Ingrassata, stanca, trascurata. Ross, invece, diceva di star  male, sempre in conflitto, in un momento cruciale della vita, eternamente sull'orlo di una crisi di nervi, ma in realtà non si arrendeva e continuava ad avere costante cura di sé. Non era cambiata molto dai tempi del liceo, anzi, forse, era migliorata. Piccola, carina, magra, ben fatta, bionda mèchata, sempre truccata, manicure fatto. Non si arrendeva ed  era una patita ed al tempo stesso una vittima del controllo. Forse per questo spesso si diceva tanto stanca, perché non mollava nulla, né riguardo alla sua persona, né in casa. Il marito Roberto, invece,  era agli antipodi. Un uomo non bello, ma in forma, positivo, ottimista, simpatico, superficiale, disinvolto e un po’ menefreghista. Sì, forse un po' egocentrico lo era.  Lei, invece, dietro la sua apparenza di donna graziosa e vulcanica,  era pesante, un animo in pena, sempre a riflettere e a soppesare, anche ora che, secondo me, non c'era più nulla da fare e da decidere. Ogni volta che litigava con Roberto, ne faceva un dramma e metteva in scena il solito repertorio.
“Mi separo, non mi separo, … e poi le ragazze, mi ha fatto questo, mi ha fatto quello, ma così non si fa, io non ce la faccio più, ...”
Ogni volta pareva fosse sull'orlo di un precipizio, pronta a rivolgersi ad un avvocato per separarsi. Ogni volta ne parlava con me, con la mamma, la sorella, la cognata, la vicina di casa. Eppure Ross è una persona intelligente, ma non capisce che lamentarsi così tanto, con tutti, sciorinare le proprie cose non le fa onore e le fa disperdere energia preziosa, la fa andare fuori di sé, fuori asse. Ma è inutile ogni volta  ripeterglielo. È un’emotiva, un'incontinente verbale irrefrenabile. Non riesce e basta.
- Ross, abbassa la radio, per favore e non fare quella faccia, perché mi fai rabbia. Ricordati che non siamo due liceali in gita scolastica... –
- Già, ti ricordi?-
- Senti, è solo un weekend d'arte, capito? Cultura e riposo.-
- Sei una palla, Laura! Ricordi quella poesia che ti scrisse Fabio, vent'anni fa? Com’era?
Lalla,
fragile corolla di barriere,
non ti scordare di vivere.
Tu sei ancora così. Per non soffrire, per non avere problemi, ti sei dimenticata di vivere. Oddio, scusami...- fece lei, ma in fondo aveva ragione.
- Già, Fabio… , a volte mi domando come sarebbe andata con lui. Non era così egoista e duro come Nicola. Fabio era tenero e così innamorato di me!-
- Sì, mi ricordo le vostre telefonate. “Ti amo, prima!”, e poi  i “riattacca tu, non prima tu”. –
- Era dolce, ma era pure tanto indeterminato. Non mi dava nessuna sicurezza, nessuna garanzia, nessuna prospettiva per il futuro. Nicola invece era già laureato allora...-
- Lo stesso era Andrea per me. Così buono e disponibile. Accoglienza totale, pura accettazione. Ma mi dava l'impressione di essere davvero un fesso, che non avrebbe saputo affrontare le difficoltà della vita futura. E poi l'amore, l'amore... Perché ci innamoriamo sempre degli stronzi!? Forse perché pensiamo “è stronzo con me e lo sarà anche con gli altri, mi difenderà, mi proteggerà per tutta la vita”. Oppure perché ci piace ingaggiare una specie di lotta, con loro e con noi stesse, per riuscire a  cambiarli, a compiere un’opera di redenzione. Ma!  È una battaglia persa, inutile.-

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