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domenica 1 marzo 2020

GIULIO ED IO PARTE IV

...SEGUE...


CAPITOLO X

L'indomani, di mattina, Giulio ed io andammo al parco come di consueto,  in un breve momento di schiarita. Mi fermai sulla solita panchina a leggere e Giulio scappò al chioschetto. Sapevo cosa faceva. Adorava girare tutti i bar dei dintorni, entrava con fare furtivo, indifferente, e chiedeva “cappuccino”, ci ficcava dentro tre, quattro bustine di zucchero, lo sorbiva e  scappava via col suo solito passo veloce e un po' sulle punte. Molti baristi ormai lo conoscevano e cercavano di sottrargli lo zucchero o di non fargliene prendere più di tanto. Forse era da lì che attingeva le sue inesauribili energie di passeggiatore instancabile. Tornò da me con la bocca sporca di schiuma.
“Dove sei stato ghiottone, eh?”, lo redarguii teneramente. “Dai, andiamo a casa ora, minaccia di nuovo pioggia”.
Un passo dopo l'altro, veloce, lui davanti a me, tornammo a casa. Pranzammo tutti insieme, poi Franco si defilò per la solita partita a calcetto e Aurora uscì con Marco. Dopo aver visto un po' di tv, Giulio voleva uscire di nuovo.
Era nervoso, teso, mugolava ed io non riuscivo a distrarlo con le coccole o con l'idea di un dolcetto. Ma fuori diluviava. Come facevo a portarlo al parco?
“Giulio, ascolta, adesso piove tantissimo. Tra un po' vedrai che smette e usciamo. Va  bene? Te lo prometto. Dai, andiamo a cercare gli stivali di gomma e l'impermeabile giallo. Ti ricordi? quello che ti ha regalato la nonna.”
 Riluttante mi seguì in camera.
            “ Ma che hai, eh?”
            Giulio non rispondeva.
            “Tu hai tante energie da spendere, non come la tua mamma che è sempre stanca. Ti faresti una corsetta sotto l'acqua, di’ la verità?”
            Si sedette sul letto e cominciò a dondolarsi col busto. Forse voleva giocare, aveva bisogno di me, di essere accarezzato, di sentire il contatto. Quando faceva così e archiviava per un attimo tutte le sue asperità, mi scioglievo al calore di quelle affettuosità che, ignaro, mi donava. Era come avere un bimbo, sempre piccolo, sempre mio. No, Giulio non l’avrei perso mai. Aurora, un giorno, forse sarebbe andata via. Si sarebbe laureata,  sposata, avrebbe trovato  lavoro altrove.
            Invece, Giulio no. Era mio per sempre. Un bambinone che però cresceva nel corpo, ormai  quasi maschio. Aveva bisogno di sfogare le sue nuove energie. Ci stendemmo sul letto abbracciati, strofinandoci il viso ed i nasi l’un l'altro. Un attimo di imbarazzo. Sentivo il suo turgore e lui era un po' inquieto per questa cosa nuova, ma io ero la mamma, la figlia, l’amica, la compagna, la sorella gemella. Dovevo aiutarlo a sbocciare, a crescere in tutto e per tutto, per come possibile. Annullai tutti pensieri, dovevo essere solo sensazioni, sensazioni fluttuanti come lui. Lo presi a me e lo lasciarli fare, con ritmo crescente, ma con dolcezza, naturalmente. Il mio tesoro si contrasse tutto, voltò gli occhi in alto. Io gli sorridevo. Mi faceva morire così. No, non dovevo pensare. Brevemente finì. Per un attimo si accasciò stanco, sazio, sereno, soave. Si rilasso, poi scattò come una molla nella sua testolina. Si alzò e scappò via.
“Giulio, Giulio, dove vai? Piove.”
  Fece le scale di corsa, per non farsi raggiungere, aprì la porta di casa e scappò via, euforico.
            Ma sì, meglio lasciarlo fare, mi dissi, lasciarlo sfogare fino in fondo, lasciarlo da solo. Cosa poteva fargli un po' di pioggia in fondo?
            Mi alzai e sistemai il letto, andai in bagno, quando sentii un rumore fortissimo sulla strada, di carrozzerie in collisione, poi un coro di clacson impazziti. Accorsi alla finestra  e vidi macchine ferme all'incrocio, pezzi di vetro a terra e una sagoma riversa scomposta sull'asfalto bagnato.
            Giulio. Era il mio Giulio.
            Corsi giù in strada, mi feci spazio tra la gente che si era avvicinata, nonostante la pioggia.
“Sono la mamma, urlai,  sono la mamma.”
“Giulio, Giulio mio.”
          Capii subito che era finito. Il mio ragazzone si era spento dopo aver vibrato di un'ultima fiamma. La mia pressione scese a zero. Mi svuotai in un attimo di tutto, di tutti pensieri, i  sentimenti, i  perché. Mi accasciai e persi i  sensi per un lungo attimo. Svenni. Era finita, questo lo sentivo, lo sapevo.
          Avevo consegnato Giulio alla vita, all'amore e alla morte.
          Cos'avrei fatto ora senza di lui?
           














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