NON E’ BELLA, MA…
Chi non ha una
cognata stronza non può capire. Ma del resto, chi non ha una cognata stronza?
Nessuno.
Magari veste panni della suocera o della matrigna o dell'amica invidiosa o rubamariti.
Ma tutti ce l'abbiamo, la cognata stronza. Quella che si insinua nel tuo burro
familiare, come si permette?, che ruba
il cervello di tuo fratello, se lo stende nel letto e sul pane e se lo mangia a
colazione, pranzo e cena. La mia poi è
proprio terribile. Sembrava una ragazza normale, di borgata, una neutra, forse
neanche tanto male, o una buona, che ne so?, senza né arte né parte, con un
diploma del cazzo in ragioneria, personaggio in cerca d'autore.
A una festa
del quinto conosce mio fratello. Lo
ipnotizza, lo irretisce, gliela dà. Quello non capisce più nulla. Comincia a
portarsela sempre dietro sulla Simca verde scassata coi sedili ribaltabili. Ma
che mai gli farà mai? Eppure gli basta. A lui basta. Decerebrato. Si sposano.
Pretende un vestito orribile, di tulle bianco, con scarpe decolté alte, guanti,
bouquet di rose, velo e tutto il resto. Che squallido. Anche una collana d'oro
rosso con un pendaglio appeso sotto.
Il giorno del
matrimonio me lo ricordo bene. Si acconciò con tutti boccoli in testa, ricadenti
da una parte del viso fortemente truccato con le labbra fucsia. Volle celebrare
il matrimonio nella chiesetta del suo quartiere. Già, perché la dovevano vedere
tutti. Tutti quelli del suo brodo giovanile.
Il sagrato,
orribile, una spianata d'asfalto rovente. Lancio di petali di fiori finti. Fittarono
un appartamento mobiliato, primo ed ultimo nido d’amore, con una cucina di formica marrone e arancione.
A lei piaceva. Il piumone sul letto, di raso bianco, raso finto coi volant.
Cominciò a
mangiare mangiare mangiare. Fece il nostro primo nipotino, Pietro, che si chiama come papà. Ingrassò 25 chili. Dopo
un po' fece Marianna. Ingrassò ancora. Non è dimagrita mai più, anzi. Ha i capelli
più scuri ora, unti, grassi, con la forfora. Quando va a fare la spesa o a far visite
o a messa, mette ancora lo stesso rossetto fucsia e il collier d'oro rosso al collo. Ha un culo
enorme, grandissimo, che non entra sulle sedie e un seno che le arriva alle ginocchia. Penso che
non metta neanche il reggipetto. Lui la rispetta. Come stai? Ti serve qualcosa?
Sì, l'acqua comprala tu che pesa. Cucina, rimpinza i miei nipoti e mio fratello di robaccia da ingollare.
Quest’anno a carnevale ha fatto le frappe fritte e le castagnole con la crema
dentro. Sono finite in due giorni. Io credo che lei abbia messo tutti
all'ingrasso per non sentirsi sola nel suo schifo lardoso.
E credo che
abbia deciso di far scomparire mio fratello dalla faccia della terra. Ormai non
gli serve più. Ha raggiunto il suo scopo, di essere una donna sposata con
figli, normale. Credo che progetti di ucciderlo, farlo a pezzi e cucinarlo, un
po' per volta con il ragù della domenica.
Mia cognata è
una stronza. Lui non lo sa o fa finta di non saperlo.
E io provo
tanta rabbia perché mi ha rubato Umberto, il mio tesoro. Con lui non parlo più,
non mi chiama, non mi pensa, mi trascura, non esiste che lei e i due proli. E
la odio perché io sono più bella, più colta, più intelligente, più gentile eppure
non ho trovato uno stronzo che mi impalmasse. Ma è possibile, mi chiedo, che lei
ha un marito, mio fratello, l’uomo migliore del mondo dopo mio padre morto
soffocato di tumore ai polmoni dopo quarantenni di fumo, ed io no?
La vita è
strana e ingrata e stupida. Lei si è preso mio fratello e io sono rimasta
zitella. Il mese prossimo compio quarantacinque anni. Lavoro, esco la mattina e
ritorno la sera, con uno spacco di soli quaranta minuti per il pranzo, non ho
un uomo, non tempo, non ho una casa mia, non ho figli, e dire che io li avrei
fatti più belli dei suoi e che avrei saputo educarli meglio di lei. Vivo con mi
madre che ha quasi ottant’anni e tanti acciacchi, devo assisterla, fare le
pulizie, portarla dal medico, comprare le medicine, farle l’insulina e tutto il
resto. Tra poco mia madre se ne andrà e io rimarrò sola come un cane. E non è
giusto.
Ma in fondo
mia cognata è solo una grande stronza e lui fa finta di non capirlo, che da
quando l’ha incontrata ha riposto il cervello in un cassetto della loro
orribile cucina marrone e arancione e va avanti, così, come un automa.
Forse un
giorno lo capirà.
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